Il mistero della morte di Benito Mussolini. Intervista al professor Paolo Simoncelli
Benché molti storici e ricercatori indipendenti abbiano più volte tentato di ripercorrere le dinamiche che vanno dalla cattura all’uccisione di Benito Mussolini, non è stata ancora fatta chiarezza su molti particolari. La morte del Duce, a distanza di quasi ottant’anni, rimane ancora un mistero. Pertanto, la redazione di Ardire, al fine da fare luce sulla vicenda, ha deciso di riproporre una vecchia intervista a Paolo Simoncelli (professore di Storia moderna presso l’Università “La Sapienza” di Roma) apparsa per la prima volta nel 2013 su uno speciale monografico di History dal titolo Mussolini segreto (Sprea Edizioni).
L’armistizio di Cassibile prevedeva la clausola di consegnare vivi nelle mani degli Alleati sia il Duce che i gerarchi catturati. La decisione di fucilarli venne presa dall’intero CLNAI oppure dalla sola componente comunista? Quali pericoli si paventavano nel caso Mussolini fosse sopravvissuto?
Il CLNAI era spaccato al suo interno tra l’ala radicale, costituita dal gruppo dei partiti di sinistra, PCI, PSI e Partito d’Azione (gruppo che affiancava se non pure anteponeva il concetto di lotta di classe a quello di guerra di liberazione nazionale) e l’ala moderata, costituita dalla DC, PLI, da ufficiali del regio esercito, gruppo parimenti combattente, ma contrario al principio della violenza a ogni costo. La spinta “rivoluzionaria”, e con essa la volontà di giustiziare Mussolini, venne dal Comitato insurrezionale del CLNAI, costituito da Longo (PCI), Valiani (PSI) e Pertini (Partito d’Azione), che fu il più radicale tra i radicali. La cattura di Mussolini e un suo processo potevano far temere la sua denuncia di retroscena decisivi nella storia del fascismo e della guerra, ma ancora le sue innegabili capacità oratorie, la sua capacità di affascinare e generare emotività, e, in caso di legale condanna a morte, l’aura del martire.
Giulino di Mezzegra oppure la casa dei De Maria? Secondo lei è più verosimile la versione ricostruita dai partigiani, oppure quella che nel 1996 Dorina Mazzola espose a Giorgio Pisanò, in parte confermata dallo studio del professor Pierucci?
È una vicenda talmente complessa (e secretata, e su cui hanno pesato gli omicidi di quanti sapevano e tentennavano nel mantenere l’omertà) che non è dato, oggi, scegliere tra due ricostruzioni dei fatti. Posso dire che la versione Giulino di Mezzegra-colonello Valerio certamente non regge; ma non da oggi. Le versioni dei fatti ripetutamente offerte da Walter Audisio, sedicente colonello Valerio, sono palesemente contradditorie tra di loro; e poi, chi era davvero il colonnello Valerio? Pertini sapeva che non era Audisio, ma ancora decenni e decenni dopo non riteneva opportuno dirlo! Più verosimile la ricostruzione fatta da Giorgio Pianò, sull’esecuzione di Mussolini a casa De Maria, la mattina (e non il pomeriggio). Ma non vanno dimenticate altre versioni, come quella di Bruno Lonati. Le ultime due, composte tra di loro, possono dare un quadro più definito e certo più attendibile del racconto ufficiale palesemente inconsistente.
Secondo lei come si svolsero i fatti in quel tragico 28 aprile 1945?
Non ho elementi nuovi da aggiungere alla varie versioni che si sono susseguite dal 1945 a oggi, ma le recenti ricostruzioni documentarie, con l’appoggio di importanti analisi medico-legali, confermano l’esecuzione a casa De Maria nel corso della mattina. Essenziale l’analisi delle diverse fonti di fuoco, la loro vicinanza al bersaglio, e la cosiddetta “scala dei grigi”, cioè il deposito della polvere da sparo sull’indumento più esposto, che risulta la canottiera e non la giacca militare. Il corpo di Mussolini è stato rivestito dopo l’esecuzione: altro elemento che esclude la versione della fucilazione al cancello di Villa Belmonte a Giulino di Mezzegra.
Quali elementi compromettenti potevano contenere il carteggio Churchill-Mussolini? Esistono negli archivi inglesi documenti ancora secretati sulle relazioni fra i due statisti?
Abbiamo oggi ripetute testimonianze dell’esistenza del carteggio Churchill-Mussolini (così come abbiamo una pletora di relativi “custodi”, quasi tutti fantasiosi millantatori). Sappiamo anche che Mussolini, negli ultimi mesi, fece riprodurre fotograficamente in più copie il carteggio cui attribuiva valore essenziale per vincere la pace, per dimostrare le vere cause dell’intervento in guerra dell’Italia e la malafede inglese. Abbiamo anche, oggi, riscontri documentari a queste dichiarazioni di Mussolini; non si tratta solo di fantasie, né di disperate comunicazioni a futura memoria. Quanto al contenuto del carteggio, deduzioni logico-interpretative e riscontri storico-documentari portano a ritenere che potessero contenere l’invito a Mussolini a entrare in guerra (una guerra ormai persa per l’Europa e che vedeva in grave pericolo l’Inghilterra) per potersi sedere al tavolo della pace e ripetere quanto fatto a Monaco nel 1938, frenare cioè l’egemonia hitleriana. Se, come a volte è stato detto, quel carteggio avesse contenuto appelli a Mussolini per far mantenere all’Italia la posizione di non belligeranza, non ci sarebbe stato alcun motivo per tenerlo segreto, anzi, sarebbe stata l’ennesima prova contro la sventatezza di Mussolini. Si può dedurre, da tutto ciò, se archivi inglesi possano conservare simili documenti. Diversa la traccia che può essere seguita di una delle copie fotografiche del carteggio; se risultassero verificate certe circostanze (eventualmente il “passaggio” di questa e altra scottante documentazione per le mani del Ministro dell’Educazione Nazionale della RSI, Carlo Alberto Biggini), si potrebbe trovare presso qualche archivio ecclesiastico, ma il rischio della fantapolitica è alto.
Sulla “pista inglese” e sul coinvolgimento dei servizi segreti britannici nella fucilazione di Mussolini si è molto parlato. Crede che ci sia del vero? Oppure la componente comunista del CLNAI non necessitava di particolari sollecitazioni per decidere di fucilare il capo del fascismo e i suoi gerarchi?
Il coinvolgimento dei servizi segreti britannici (il SOE) è certo; così come di quello statunitense (OSS); due diverse missioni con due diversi obiettivi: rispettivamente, eliminare e catturare Mussolini. Nei fatti, il SOE aveva lo stesso obiettivo del comitato insurrezionale del CLNAI, di cui i partigiani comunisti erano il braccio operativo più efficace; fu, per i britannici, una fortunata sinergia.
La cortina di ferro è crollata da oltre vent’anni, ma sulla morte di Mussolini e della Petacci ancora oggi sembra impossibile far emergere la verità. Come lo spiega?
Non possiamo dimenticare che ancora oggi, in Italia, parlare di “guerra civile”, anziché di “guerra di liberazione” è considerato politicamente scorretto; gravemente scorretto. Dal dopoguerra in poi si è determinata un’egemonia culturale marxista talmente radicata (di cui uno storico come Renzo De Felice, ancorato quasi positivisticamente ai documenti, ha fatto le spese: accusato di voler riabilitare il fascismo e di attentare alla Costituzione) che è durata anche oltre la caduta del muro di Berlino. Lo studio del fascismo era considerato una pericolosa deviazione dalla condanna del fascismo. In questo quadro, come oppugnare una “verità ufficiale” conclusiva della parabola fascista? Non ci sarebbe stato nulla di grave, né di male a dire che Mussolini era stato ucciso la mattina in un posto, anziché il pomeriggio in un altro posto (se quelle diverse circostanze non avessero comportato motivazioni e protagonisti diversi!). Ma proprio l’insistenza ottusa, contro ogni elementare constatazione e persino di fronte a contraddizioni fornite dal presunto comandante del plotone d’esecuzione, hanno determinato l’impossibilità di verificare. Dunque, quella versione ufficiale, che chiude l’esperienza fascista così come incorona l’epopea resistenziale, se dimostrata falsa avrebbe travolto uno dei piloni portanti della tradizione storiografica della Resistenza.
di Paolo Sidoni
Buongiorno,
se Mussolini fece più copie dei suoi documenti, è ipotizzabile, che esista magari murata da qualche parte una copia che attende di esser scoperta.
Sinceramente se dovessi scappare con una simile documentazione cartacea mi premurerei di farla arrivare a destinazione sicura con più strade, magari facendola viaggiare con insospettabili e in momenti diversi.
Sono fiducioso che qualche ristrutturazione possa prima o poi far emergere il tutto, successe qualche cosa di simile con i file di Moro con un covo delle BR.