Il World Jewish Congress e quel “ricatto” alle banche svizzere. Il parere dello storico Raul Hilberg

Per molti anni, il World Jewish Congress e altre importanti organizzazioni ebraiche hanno condotto una campagna feroce e molto pubblicizzata per costringere la Svizzera a pagare milioni di dollari alle organizzazioni ebraiche e ai sopravvissuti all’Olocausto, per compensare il denaro presumibilmente depositato nelle banche svizzere da alcuni ebrei che in seguito morirono durante la Seconda guerra mondiale, e per l’oro acquistato dalla Germania che sarebbe stato rubato agli ebrei. Il 12 agosto 1998, le principali banche svizzere capitolarono, accettando un pagamento di «accordo globale» di 1,25 miliardi di dollari.

Mentre i politici statunitensi e i media americani hanno prevedibilmente sostenuto la campagna ebraica contro la Confederazione Alpina, che ha incluso minacce di boicottaggio economico, molte persone ragionevoli considerano giustamente l’intera campagna come una manifestazione vergognosa del potere ebraico. Tra coloro che si sono espressi contro tale vicenda, c’è lo storico dell’Olocausto Raul Hilberg.

«Mi sono quasi allarmato quando ho saputo che le banche svizzere avrebbero pagato 1,25 miliardi di dollari», ha dichiarato in un’intervista pubblicata sul rispettato settimanale svizzero Weltwoche (28 gennaio 1999).

Nella campagna contro la Svizzera, ha proseguito Hilberg, «gli ebrei hanno usato un’arma che può essere descritta solo come un ricatto (Erpressung )». In un altro punto dell’intervista ha detto: «Non posso accettare la tesi che i metodi del ricatto fossero l’unico modo per affrontare questo problema».

Hilberg, uno dei più importanti storici dell’Olocausto al mondo, è l’autore dell’opera in tre volumi The destruction of the european jews. Nato a Vienna nel 1926, è da decenni professore all’Università del Vermont.

«Credo che le banche [svizzere] abbiano pagato più di quanto effettivamente devono», ha detto Hilberg al settimanale svizzero. «Le richieste del World Jewish Congress sono quindi moralmente false. Se qualcosa appartiene a un’altra persona, non mi appartiene. Se dico che mi appartiene, devo dimostrarlo. E quando, come nel caso del denaro dell’Olocausto, non può essere provato, deve essere raggiunto un compromesso basato su un sano intelletto umano che sia razionale e accettabile».

«Non c’è quindi alcun rapporto», ha proseguito Hilberg, «tra ciò che le banche devono agli ebrei e ciò che il World Jewish Congress ha chiesto e ricevuto».

Egli ha espresso preoccupazione soprattutto per il fatto che l’importo dell’«accordo globale» suggerisce che gli ebrei d’Europa alla fine degli anni ’30 e all’inizio degli anni ’40 erano molto più ricchi di quanto sembrasse.

Hilberg ha citato il presidente del World Jewish Congress, Edgar M. Bronfman, per le sue acute critiche: «L’uomo che dirige il World Jewish Congress non parla per me. La sua famiglia ha un miliardo e mezzo di dollari. Se davvero lo volesse, potrebbe aiutare alcuni poveri sopravvissuti con i soldi della tasca del suo panciotto».

Hilberg ha anche parlato del problema della falsa testimonianza dei testimoni dell’Olocausto, definendo in particolare il libro di memorie ampiamente elogiato del “sopravvissuto” Benjamin Wilkomirski come «un’invenzione» (vedi: Holocaust survivor memoir exposed as fraud). E ha inoltre dichiarato: «Questo è davvero un problema della ricerca sull’Olocausto: le persone spesso usano la testimonianza dei sopravvissuti. È la letteratura principale. Ma bisogna stare molto attenti, perché le testimonianze spesso si sbagliano, i ricordi possono ingannare e alcune cose vengono dimenticate».


Di Mark Weber (da: JHR, vol.18, n.1)

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