«I Talebani non sono terroristi». Verità e menzogne sull’ascesa dei Talebani in Afghanistan. Parla un militare italiano

Per fare luce sulla situazione in Afghanistan e sulla recente ascesa del movimento talebano, la redazione di Ardire ha deciso di interpellare – in una nuova intervista esclusiva – Marco B., ex militare ISAF, nonché protagonista di alcuni brevi interventi nell’inchiesta Narco-contractor. Perché gli americani “non” se ne vanno dall’Afghanistan, pubblicata il 14 luglio.

Cosa sta succedendo in Afghanistan? La situazione è così insostenibile come i media occidentali mainstream vogliono far credere?

C’è molta confusione su quello che sta succedendo ora in Afghanistan. I media trasmettono solo quello che può far scandalo, e mai la verità. E la verità è che i Talebani, che sono semplici studenti coranici e non hanno nulla a che fare con il terrorismo internazionale, si sono impossessati dell’intero Afghanistan senza sparare un colpo di fucile, in accordo con gli Stati Uniti e le forze militari afghane, che si sono astenute dai combattimenti, fuggendo o addirittura unendosi agli stessi Talebani. È stato tutto deciso a tavolino in Qatar, dove da tempo risiedono i leader talebani, in contatto con gli USA, turchi e sauditi. Già a settembre 2020 si sapeva che il movimento talebano avrebbe ricostituito un Emirato Islamico, sul modello di quello instaurato negli anni ’90, con la complicità degli Stati Uniti. Ed ora i media e la stampa di mezzo mondo fanno finta di essere sorpresi, quasi come se non sapessero nulla dei negoziati conclusi l’anno scorso da Donald Trump…

Stai parlando degli accordi di Doha?

Si. Gli accordi di Doha hanno in sostanza permesso ai Talebani di salire al potere, costituendo un Emirato Islamico sulle ceneri della vecchia Repubblica. In cambio, i Talebani hanno garantito agli americani – almeno questo è quello che dicono i documenti ufficiali – di contrastare il terrorismo, evitando il sorgere di qualsiasi minaccia nei confronti degli Stati Uniti. Ma questa, a mio parere, è solo una piccola parte di tutto ciò che è stato deciso durante i negoziati…

Cosa ha indotto gli americani a prendere questa scelta?

Gli USA sono arrivati alla conclusione che il movimento talebano, contrariamente alle forze democratiche e repubblicane afghane, sia l’unico movimento in grado di garantire – nei limiti del possibile – pace e stabilità in Afghanistan. Ecco perché di recente l’America ha fatto rilasciare il capo talebano Abdul Ghani Baradar e altri cinquemila militanti, revocando le sanzioni ai Talebani. Biden ha solamente proseguito e terminato ciò che ha iniziato Trump qualche anno fa. Ma l’idea originaria di creare in Afghanistan un Emirato Islamico amico dell’America e dell’Occidente è sorta probabilmente durante l’amministrazione Bush, nella primavera 2001. Fu infatti Bush a donare, qualche mese prima dell’attentato alle Torri Gemelli di New York, 43milioni di dollari al movimento talebano (che all’epoca era guidato dal noto Mullah Omar), cercando di smarcarsi dalla precedente politica di Clinton. Il redattore di The Nation definì addirittura l’America «lo sponsor principale dei Talebani»… Ecco, la situazione di oggi dobbiamo forse guardarla in questa prospettiva…

Dunque, Bush era in rapporti coi Talebani?

Certamente. Nel 1998, dopo gli attentati di al-Qaeda alle ambasciate americane in Kenya e Tasmania, Clinton chiese ai Talebani l’immediata consegna di Bin Laden, che da tempo risiedeva in Afghanistan. Dopo lunghe trattative e massicci bombardamenti sulla città di Khost, i Talebani consentirono di far uccidere Bin Laden, ma alla fine Clinton si tirò improvvisamente indietro, e nel gennaio 2001 arrivò alla presidenza Bush, che cercò subito di instaurare buoni rapporti col movimento talebano, soprattutto per quanto riguarda la coltivazione del papavero da oppio. All’epoca si parlava di una vera e propria «alleanza» fra Talebani e Stati Uniti. Ma tutto andò in frantumi con l’11 settembre…

L’attentato dell’11 settembre ha comportato quindi la fine dei “buoni” rapporti fra l’amministrazione Bush e il movimento talebano?

Esatto… L’attentato di al-Qaeda alle Torri Gemelle fu del tutto controproducente per i rapporti USA-Talebani. Il Mullah Omar mandò un messaggio di condoglianze a Bush, condannando fermamente l’attentato. Ma ormai tutto era già stato compromesso. Bin Laden era diventato il nemico numero uno dell’Occidente, e poiché il suo quartier generale era in Afghanistan, anche i Talebani, che governavano l’Afghanistan dal 1996, vennero associati all’attentato e al terrorismo, seppur non avessero nessuna responsabilità.

Prima hai infatti dichiarato che i Talebani «sono semplici studenti coranici e non hanno nulla a che fare con il terrorismo internazionale». Vuoi spiegarci allora perché la comunità internazionale considera il movimento talebano un’organizzazione terroristica, al pari di al-Qaeda e ISIS?

Per rispondere a questa domanda è necessaria una breve premessa. La maggior parte dei movimenti terroristici islamici, come al-Qaeda e l’ISIS, si rifanno alla visione del Califfato mondiale: il loro obiettivo è quello di unire in una grande entità statuale tutti i musulmani del mondo, senza alcuna differenza di etnia. Abbracciano quindi una interpretazione internazionalista, universale dell’Islam, che non lascia nessuno spazio all’idea di nazione. I Talebani, invece, possono essere considerati nazionalisti, in quanto vogliono costituire un Emirato Islamico a guida pashtun in Afghanistan, senza nessuna mira internazionalista o espansionista. Si tratta in sostanza di due visioni diametralmente opposte, benchè provenienti entrambe dall’Islam. Ma, purtroppo, l’opinione pubblica occidentale – influenzata da un profondo sentimento anti-islamico – non fa caso a queste “sfumature”, e di conseguenza i Talebani, le cui operazioni militari non hanno mai varcato i confini afghani, vengono ingiustamente assimilati a qualsiasi altro movimento terroristico impegnato nel jihad globale. Ma – ricordiamolo – sono stati proprio i Talebani, con il supporto degli Stati Uniti, a cacciare i terroristi dell’ISIS dall’Afghanistan.

Quando i Talebani hanno ricostituito l’Emirato Islamico, nell’agosto 2021, al-Qaeda e diversi gruppi jihadisti nel mondo hanno espresso la propria vicinanza al movimento talebano. Inoltre, i rapporti fra i Talebani e al-Qaeda sono da tempo documentati… Detto ciò, non è un po’ azzardato affermare che i Talebani «non hanno nulla a che fare con il terrorismo internazionale»?

Assolutamente no. I Talebani non sono terroristi, ma nazionalisti pashtun, che combattono legittimamente per la propria terra e il proprio paese, come qualsiasi altro patriota. L’ex Presidente del Consiglio dei Ministri, Massimo D’Alema, ha parlato chiaramente: «I Talebani non sono terroristi, ma un movimento politico come Hezbollah e Hamas». Non facciamo gli ipocriti! Ci lamentiamo che i Talebani non rispettano i diritti civili e i diritti delle donne… L’Arabia Saudita forse li rispetta?! No! Eppure, con i sauditi abbiamo da tempo rapporti commerciali e diplomatici… Perché allora non possiamo dialogare anche coi Talebani? Per quanto riguarda invece i rapporti con al-Qaeda, è doveroso ricordare che Bin Laden risiedeva in Afghanistan da molto tempo prima della nascita dei Talebani. Fu Rabbani ad invitarlo in Afghanistan, con la speranza di ricevere supporto contro le truppe del guerrigliero Heckmatyar. I Talebani se lo sono trovati praticamente in casa, senza potere farci niente. E poiché Bin Laden, fin dalla guerra contro i sovietici, aveva sostenuto la popolazione afghana e supportato finanziariamente l’Afghanistan (usufruendo del grande patrimonio di famiglia di cui disponeva), i Talebani non se la sono mai sentita di esporsi troppo contro al-Qaeda, anche se poi – come ho già detto – il Mullah Omar, esasperato dai bombardamenti su Khost, diede il permesso all’amministrazione Clinton di uccidere Bin Laden, a patto che si prendessero tutta la responsabilità gli americani. Inoltre, oggi in Afghanistan al-Qaeda è limitata a poche centinaia di cellule, molte delle quali dormienti, con le quali i Talebani non hanno praticamente nessun legame. Durante i negoziati in Qatar i leader del movimento talebano hanno promesso agli USA che non avrebbero più avuto alcun rapporto con movimenti terroristici, compresa al-Qaeda.

Ecco, ritorniamo agli accordi di Doha. In cambio del ritiro dei soldati regolari americani dall’Afghanistan, i Talebani hanno assicurato di prendere le distanze da al-Qaeda e garantire la sicurezza degli Stati Uniti… È tutto qua o c’è dell’altro?

A mio parere, c’è dell’altro. Negli ambienti legati all’Esercito circola voce che i negoziati contengano clausole segrete non presenti nel documento ufficiale e riguardanti la coltivazione del papavero da oppio, che è la colonna portante dell’economia afghana. In Afghanistan tutti guadagnano dall’oppio: Talebani, politici, militari, coltivatori… Tutti sono coinvolti! L’oppio afghano produce il 93% dell’eroina consumata nel mondo, creando un giro d’affari di centinaia di miliardi di dollari l’anno. Lo stesso Esercito americano, secondo fonti militari afgane, guadagnerebbe ogni anno 50miliardi di dollari grazie al papavero da oppio! Pare quindi del tutto inverosimile che gli accordi di Doha, che hanno avuto un’importanza cruciale, non abbiano preso in causa una “risorsa” così importante per l’Afghanistan e per gli stessi Stati Uniti, quale è l’oppio.

Gli accordi di Doha coinvolgerebbero quindi anche la droga?

Sicuramente… Sarebbe strano se non fosse così.

Puoi spiegarti meglio…?

Gli USA sono nel business della droga – oppio ed eroina – dal 2001, ossia dall’invasione dell’Afghanistan. E non vogliono certo mollarlo… Ecco perché hanno lasciato 18.000 contractor e agenti dell’intelligence in Afghanistan, portando invece a casa i soldati regolari, che di quella guerra non ne potevano più. Con ogni probabilità, Biden ha stanziato laggiù contractor e servizi segreti per gestire, in accordo coi Talebani, le faccende legate al narcotraffico, ma non sappiamo di preciso come stanno le cose. Forse sono coinvolte anche le aziende farmaceutiche…

Aziende farmaceutiche?

Si, le aziende farmaceutiche utilizzano il papavero da oppio per la preparazione di numerosi farmaci, tra cui gli antidolorifici. Ed esistono diverse inchieste che dimostrerebbero il collegamento fra le aziende farmaceutiche e i soldati occidentali in servizio in Afghanistan. Secondo alcune fonti, le aziende farmaceutiche guadagnerebbero oltre 90miliardi di dollari l’anno vendendo farmaci oppiacei. Inoltre, mi è stato riferito che anche il movimento talebano, soprattutto nell’ultimo periodo, avrebbe iniziato a vendere parte del raccolto del papavero da oppio a degli intermediari stranieri in contatto con note aziende farmaceutiche. Dunque, non mi stupirei se a Doha fossero stati presenti anche dei rappresentati del farmaco, magari in veste di qualche diplomatico…

Possiamo aspettarci di tutto, mi pare di capire

Certamente. Il mondo gira attorno al cash: al soldo della droga… E i Talebani, i politici, i militari, i diplomatici, i servizi d’intelligence e i grandi uomini della finanza non ne sono esclusi! Quindi, si, possiamo aspettarci di tutto…

Come vedi il futuro dell’Afghanistan? Dobbiamo avere paura dei Talebani?

No, non dobbiamo avere paura. I Talebani di oggi, benché islamici tradizionalisti, non sono più quelli di una volta. Vogliono la Sharia, è vero. Ma la loro mentalità – diciamo – è un po’ più liberale della mentalità che animò il vecchio Emirato degli anni ’90. Oggi, ad esempio, il burqa in Afghanistan non è più obbligatorio e, stando alle testimonianze più recenti, alle donne è concesso di lavorare e di uscire di casa senza essere accompagnate da un uomo. Inoltre, i “nuovi” Talebani cercano il dialogo e il riconoscimento internazionale. Quindi presumo che il futuro dell’Afghanistan non sia così tanto diverso da quello di altri paesi islamici. Se i Talebani manterranno gli accordi presi con gli Stati Uniti (quelli pubblici e anche quelli occulti), non c’è motivo di pensare che il nuovo Emirato afghano, che ha già stretto rapporti con Russia e Cina, abbia vita breve. Una volta normalizzata la situazione, probabilmente nessuno penserà più ai Talebani e l’Afghanistan, sotto il dominio del nuovo Emirato, continuerà a produrre ed esportare, come ha sempre fatto, la sua merce migliore dinanzi alla passività della comunità internazionale.

Ti riferisci alla droga?

Si, oppio ed eroina, ovviamente.

Dunque, i Talebani non metteranno fuorilegge le coltivazioni del papavero da oppio, come hanno già promesso?

Ne dubito. È una merce troppo preziosa per non essere commerciata. Magari la produzione verrà ridotta, ma mai azzerata completamente.

A quanto corrispondono i proventi legati al papavero da oppio che finiscono nelle tasche dei Talebani?

Secondo alcuni funzionari degli Stati Uniti, i Talebani avrebbero guadagnato, tra il 2018 e il 2019, oltre 400milioni di dollari. Ma diversi esperti non sono d’accordo con questi dati, e affermano che i proventi annuali derivanti dagli oppiacei che finiscono nelle tasche dei Talebani non superano i 40milioni di dollari. E molti di questi soldi non derivano dal narcotraffico in sè, ma dalle tasse imposte ai coltivatori, i quali sono le vere vittime dell’intera filiera del traffico di droga.

In che senso «vittime»?

Le condizioni economiche dei coltivatori del papavero da oppio sono molto peggiorate negli ultimi anni, in quanto il prezzo dell’oppio in Afghanistan ha raggiunto il valore più basso dall’inizio dei monitoraggi, ossia 45-50 euro al chilo (circa 55 dollari): una miseria! Per i coltivatori, che devono pagare anche la tassa sulle coltivazioni stesse, è stato davvero un duro colpo. Ciò che inoltre fa pensare è il fatto che le imposte sulle coltivazioni del papavero da oppio non finanziano soltanto i Talebani, ma anche i potentati locali, la polizia, i pubblici ufficiali e persino alcuni gruppi anti-governativi. In sostanza, l’intera società afghana lucra sulla pelle dei coltivatori! Ecco perché i coltivatori sono le vere vittime…

Non è possibile sostituire la coltivazione del papavero da oppio con altre coltivazioni legali?

Anni fa l’UNODC ha riferito che c’è stato un tentativo di sostituzione delle coltivazioni del papavero da oppio con coltivazioni di grano, zafferano e alberi da frutta, ma ovviamente non è andato a buon fine. La verità è che nessuno vuole che l’oppio sparisca dall’Afghanistan. Sostituendo il papavero da oppio con coltivazioni legali, il movimento talebano vedrebbe dimezzarsi immediatamente le proprie entrate economiche, mentre le aziende farmaceutiche occidentali – ma anche quelle asiatiche – non saprebbero più dove reperire l’oppio ad un prezzo così vantaggioso. Quindi se l’oppio afghano sparisse sarebbe un problema per tutti. Ripeto: magari in futuro, col nuovo Emirato Islamico, la produzione verrà ridotta o limitata ad alcune aree, ma non si azzererà mai del tutto, poiché ci sono troppi interessi in gioco. Se vogliamo dirla tutta, negli ultimi anni sono persino arrivati in Afghanistan nuovi tipi di semi di papavero da oppio “potenziati”, in grado di produrre più raccolti in un anno. Una vera manna per i narcotrafficanti…

Dunque, la produzione d’oppio è in crescita?

Certamente. Ogni anno in Afghanistan si registrano sempre più ettari di terra coltivati con papavero da oppio. Per quanto riguarda il 2020, si parla addirittura di 224mila ettari.

Nemmeno le restrizioni dovute alla pandemia di Sars-CoV-2 sono riuscite a ridurre, almeno in parte, la produzione d’oppio e il traffico di eroina?

No, anche se bisogna dire che le misure anti-pandemiche in Afghanistan hanno causato una diminuzione della manodopera proveniente dai paesi limitrofi, come il Pakistan, da dove provengono moltissimi raccoglitori d’oppio stagionali. Per far fronte a questa diminuzione di manodopera, sono stati reclutati nuovi raccoglitori fra gli afghani rimasti disoccupati proprio a causa della pandemia. Inoltre, anche le donne e i bambini hanno dovuto lavorare nei campi molte ore in più. E alla fine la produzione non ha subito praticamente nessun arresto. Anzi… Il narcotraffico è una di quelle poche attività che la pandemia non è riuscita a rallentare. La droga – e parlo della droga in generale, non soltanto degli oppiacei afghani – non conosce crisi: ci sarà sempre qualcuno disposto a produrla e venderla, ed altri disposti a consumarla. Da una parte sta il profitto, dall’altra la tossicodipendenza. Non so se mi spiego…

Si, è tutto molto chiaro… Possiamo definire quindi l’Afghanistan un “narco-Stato”?

Certamente. Lo è ormai da una trentina d’anni…

Torniamo all’ascesa dei Talebani… Il nuovo Emirato Islamico gode di consenso reale?

Sembra di si. Il popolo afghano è stanco di guerre e miseria, e vuole la pace. Ora che l’esercito regolare americano è ritornato a casa, la maggior parte del paese ha accettato in silenzio il nuovo Emirato Islamico, con la speranza di un futuro migliore. Non a caso, la resistenza anti-Talebani è stata minima, se non quasi nulla…

Pare che nella provincia del Panjshir, a nord-est di Kabul, si sia formata una resistenza anti-Talebana, comandata da Ahmad Massoud

Si… Massoud, probabilmente ispirato dalle azioni del padre e della vecchia “Alleanza del Nord”, ha l’ambizione di dare vita ad una vera e propria resistenza contro i Talebani, in grado di espandersi, magari col supporto dell’Occidente, dal Panjshir all’intero Afghanistan, abbattendo l’Emirato Islamico; ma – a mio parere – è un’illusione. N’è l’America (che ha portato i Talebani al potere), né la Cina e la Russia (che hanno già stretto rapporti col nuovo Emirato Islamico) vogliono una nuova guerra civile in Afghanistan. E Massoud, senza appoggio internazionale, non ha alcuna chances. I Talebani sono infatti già entrati nel Panjshir e i resistenti – quei pochi rimasti vivi – si sono nascosti sulle montagne, assieme a Massoud e ai suoi ultimi fedelissimi, senza nessuna possibilità di contrattaccare… In pratica, la resistenza del Panjshir è morta ancora prima di nascere!

Ho letto che Massoud non si darà per vinto. La resistenza continuerà…

Vedremo… Massoud ha esortato più volte il popolo a ribellarsi al nuovo dominio “fondamentalista” dei Talebani, ma i suoi moniti di guerra sono rimasti perlopiù inascoltati. La parola di Massoud è presa seriamente solo nel Panjshir: il resto dell’Afghanistan guarda con sospetto e diffidenza questi guerriglieri da strapazzo, che, animati dall’idea di un apocalittico “combattimento finale” contro i Talebani, accumulano armi da oltre vent’anni, senza combinare mai niente. Come ho già detto, la gente in Afghanistan è stanca della guerra, e ha accettato in silenzio la nuova autorità pashtun con la speranza di cominciare un lungo periodo di pace… Molti hanno capito che i Talebani non sono più quelli di una volta e che le potenze straniere, come Russia e Cina, sono interessate a dialogare in prima persona col nuovo Emirato Islamico…

Che interessi hanno Cina e Russia in Afghanistan?

Non è ancora molto chiaro. I diplomatici cinesi e russi, contrariamente agli ambasciatori degli altri paesi, non hanno lasciato l’Afghanistan, ma, anzi, hanno affermato di voler restare e stringere rapporti col nuovo governo dei Talebani: puntano probabilmente ai minerali e alle cosiddette “terre rare”. Secondo un rapporto stilato da un team di militari e geologi americani, l’Afghanistan possiede infatti talmente tante ricchezze nel sottosuolo (ferro, rame, litio, bauxite, cobalto, mercurio…) che, se estratte e valorizzate nella giusta maniera, potrebbero portare ad un guadagno di 1trilione di dollari, ossia a circa 850miliardi di euro! Ma non è tutto. Nello specifico, la Cina (che ha già investito tempo e denaro nella nuova Via della Seta) vuole espandere il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) all’Afghanistan, svolgendo il ruolo di attore principale nella ricostruzione delle infrastrutture del paese. Secondo alcuni esperti, nel 2028 l’economia cinese supererà quella americana, affermandosi come l’economia più forte del mondo. Ciò accadrà probabilmente grazie anche agli accordi che stringeranno Cina e Talebani…

Gli afghani sono quindi seduti sopra una miniera d’oro…

Esattamente. Ma a causa della guerra la maggior parte di queste ricchezze sono sempre rimaste al loro posto, in attesa di essere estratte. Qualcuno ha persino definito l’Afghanistan «l’Arabia Saudita del litio», mentre altri sono fermamente convinti che i giacimenti afghani possano eguagliare quelli della Bolivia, che è una delle principali produttrici di litio del pianeta… Quel che è certo è che l’Afghanistan ha tutte le carte in regola per sviluppare la propria economia. Ma ciò dipenderà soprattutto dall’operato del nuovo governo e, in particolare, dall’impegno della nuova leadership talebana nella gestione dei rapporti con gli altri paesi.

Dunque, mi pare di capire che i rapporti Cina-Talebani saranno fondamentali sia per l’Afghanistan che per la Cina stessa

Certamente. Una mano lava l’altra… Se andrà tutto bene, appena la situazione afghana sarà sufficientemente stabile da garantire l’incolumità dei lavoratori e dei rappresentanti cinesi, la Cina comincerà ad effettuare gli investimenti, e l’Afghanistan potrà probabilmente cominciare a sorridere…

Per concludere, un’ultima domanda: al di là della presa di distanza da al-Qaeda e della presunta svolta “progressista” del movimento talebano, la nuova leadership pashtun sarà in grado di mantenere, in tutto e per tutto, gli impegni presi a Doha, oppure è possibile aspettarsi qualche “svista”? In fin dei conti, i Talebani rimangono pur sempre fondamentalisti islamici, che vogliono la Sharia e ripudiano l’Occidente…

I Talebani non sono certo gli unici musulmani nel mondo che ripudiano l’Occidente! Dopo tutte le azioni criminose degli Stati Uniti in Afghanistan, in Iraq e in altri paesi islamici, penso sia pienamente legittimo il sentimento anti-occidentale che nutrono alcune popolazioni musulmane… È da anni che l’America interferisce nelle questioni di altri paesi sovrani, alimentando il terrorismo e il fondamentalismo islamico. Ricordiamo che il premio Nobel per la pace Barack Obama – considerato dall’opinione pubblica un convinto pacifista – ha bombardato ben sette paesi islamici, portando alla morte non soltanto presunti terroristi, ma anche migliaia di civili innocenti, fra cui donne e bambini… Ed è proprio questo atteggiamento violento e bellicoso degli Stati Uniti che, negli anni, ha contribuito ad alimentare il terrorismo e, soprattutto, il fanatismo religioso. Sono stato in Afghanistan, so di cosa parlo… Ogni bombardamento o azione di guerra occidentale in Medio Oriente ha comportato un incremento di militanti nei movimenti radicali islamici e nelle organizzazioni terroristiche. E anche i Talebani riflettono questa logica. Ma credo comunque che siano del tutto intenzionati a mantenere la parola data a Doha. È vero, sono musulmani, vogliono la Sharia, ma non sono dei criminali… Tutt’altro: il loro codice etico, chiamato pashtunwali, implica il rispetto per la parola data e per tutti i popoli stranieri, anche quelli non musulmani. Inoltre, ora che i Talebani sono al potere, non hanno certo intenzione di perderlo o di cederlo ad altri! Faranno di tutto per restare al governo, persino rispettare gli accordi con noi “infedeli”…


Di Javier André Ziosi

7 commenti

  • Mmm… Sarà forse per via della sua ‘drammatica’ esperienza in Afghanistan, ma questo militare Isaf ha la visione un po’ distorta della realtà… Comunque complimenti ad Ardire.org che continua a pubblicare materiale controcorrente e di controinformazione..

  • Weltanschauung88

    Non tutto è condivisibile, ma nell’insieme è una grande intervista. Un punto di vista finalmente diverso rispetto alla narrazione mainstream.. Complimenti…

  • Hі, its fastidіous paragraph cߋncerning medіɑ print, we all know media is a great source of
    data.

  • Occhio per occhio

    Taliban friends 😉

  • Questo militare ‘pentito’ dice cose che non fanno certo piacere sentire, ma che purtroppo sono vere. Anche Conte pochi giorni fa ha ribadito che i talebani non sono terroristi.. Non hanno mai fatto attacchi fuori dall’Afghanistan, non hanno mai colpito i civili inermi, non hanno mai aderito al jihad globale… E non dimentichiamo che l’etnia pashtun ha origini indoeuropee.

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