«Per un cristiano la vita è una battaglia». Riflessioni politicamente scorrette di Silvana de Mari

Spesso mi chiamano cristiana integralista. Mi piace moltissimo. “Integralista” è usato in maniera dispregiativa, ovviamente, ma in realtà vuol dire “integro”. Un cristiano o è integro o non è. Il cristianesimo non è una religione per mammolette. Gesù Cristo cammina sulla terra di Galilea affermando di essere il figlio del Padre e il Padre è il Dio degli eserciti, colui che ha distrutto Sodoma. «Chi non è con me è contro di me», è un affermazione che riduce a zero i margini del dialogo interreligioso. L’unico dialogo interreligioso possibile, secondo il Vangelo, è la evangelizzazione. Se un cristiano incontra un non cristiano e non cerca di convertirlo, sta negando il Vangelo. Ora la nuova religione 3.0 ha reso il messaggio di Cristo opinabile e porzionabile. La parola “evangelizzare”, portare il Vangelo, portare la buona Novella, è chiamato “fare proseliti” ed è considerato poco inclusivo, poco rispettoso delle altre religioni, che anche loro «portano a Dio».

Se tutte le religioni portano a Dio, perché Cristo ha affrontato la Passione? Sarebbe bastato si fosse seduto sotto un sicomoro a fare “ooom” e sarebbe andato bene lo stesso. Se tutte le religioni hanno una loro dignità, che senso ha avuto il martirio dei martiri che hanno scelto morti atroci pur di non inginocchiarsi davanti agli Dei? Oggi, spumeggianti pretini li definirebbero “rigidi”. I martiri sono stati rigidi. Anche Cristo lo è stato: sarebbe stato sufficiente rispondere a Pilato con una qualche scusa, dando una spiegazione del fatto che si è dichiarato re dei Giudei in senso metaforico e poetico non più di un qualsiasi altro uomo, e se ne sarebbe tornato vivo salvando quella vita che i santi padri della CEI (Comunità Esitanti Ipocondriaci) hanno ritenuto talmente sacra da sacrificare al terrore del contagio la messa di Pasqua, cioè rinnegando Cristo. Per inciso: il sacrificio della messa di Pasqua non sembra aver portato tanto bene al mondo.

In questo momento il cattolicesimo è diventato una religione molto carina, tutta panna montata e zucchero filato, fatta di pretini molto graziosi che raccomandano l’ingresso nelle loro chiese solo ai vaccinati e di vescovi che hanno chiuso le chiese, mentre i tabaccai, gli uffici postali, i supermercati e i negozi di ferramenta restavano gloriosamente aperti grazie alla loro funzione di utilità al corpo. Qualcuno informi i pretini tanto carini che i numeri sui vaccinati e i non vaccinati ormai indicano che il vaccino non evita il contagio, e che chi ancora lo afferma o è molto ingenuo o sta mentendo. Qualcuno informi i vescovi che è scritto nell’Apocalisse: «Quelli tiepidi li vomiterò dalla mia bocca». I pretini tanto carini che chiudono le loro chiese e i vescovi che non vedono l’ora di sprangarle, onestamente, il giorno del Giudizio, li vedo male. Mostreranno il green pass? Avrebbero dovuto avere il blue pass, quello che permette di affrontare il Giudizio.

Il blue pass, lo ha spiegato il Curato d’Ars, si compone di quattro parole: conversione, confessione, eucarestia, sacramenti. I sacramenti includono anche i battesimi che non sono stati celebrati, i matrimoni rimandati e soprattutto l’estrema unzione di cui gli agonizzanti hanno imparato a fare a meno. E questo potrebbe configurare quello che si chiama «peccato contro lo Spirito».

In questa fase storica diventa fondamentale il libro di Gabriele Kuby, In politica da cristiani, edito da Ares Edizioni. Sua Santità Benedetto XVI ha spesso espresso il proprio apprezzamento per la sua battaglia per riaffermare il principio della verità: una società senza rapporto Creatore-creatura, senza principi assoluti, senza verità, è anche una società senza speranza. La speranza è una virtù teologale, con una dignità altrettanto forte di fede e carità. La disperazione, quindi, è un’arma del Nemico. La disperazione è spesso la prima arma del Nemico.

Per un cristiano la vita è una battaglia. Chi nega questa affermazione sta mentendo. Il mondo deve essere ricondotto ogni istante verso Cristo, cioè verso il bene. «Finché viviamo lottiamo, e finché lottiamo è segno che non siamo ancora stati sconfitti e che lo Spirito Santo abita in noi. E se la morte non ti troverà come vincitore, fa’ che ti trovi al posto di combattimento», scrive Sant’Agostino.

Ci troviamo nel mezzo di una storica fase di transizione da un mondo vecchio a uno nuovo, e il mondo nuovo diventa sempre più un macigno che schiaccia l’uomo. I legami che da sempre lo sostengono (matrimonio, famiglia, figli, legami religiosi) si sgretolano. La fede nell’universalità salvifica della democrazia si sta sbriciolando, poiché essa si sta trasformando sotto i nostri occhi e per mano nostra in una nuova tirannia, in cui la classe politica manipola le masse con norme politicamente corrette, con sanzioni sociali e crescente criminalizzazione dei comportamenti non conformi. La democrazia necessita di un fondamento valoriale, che permetta agli uomini di anelare dal loro profondo al bene. Una democrazia non può essere “laica”, cioè senza valori. Le cosiddette democrazie laiche sono in realtà violentemente atee e anticristiane, perché l’ateismo è una religione, e anche una religione dannatamente fanatica, una religione estranea al popolo che al popolo viene imposta.

Alexis de Tocqueville descrive in modo mirabile questo legame fra democrazia e valori religiosi nella sua opera La democrazia in America (1840). Il libro è celeberrimo e universalmente citato dai contemporanei. In realtà, credo che pochissimi lo abbiano veramente letto. Se lo avessero letto, lo citerebbero meno, perché il libro nega uno dei pilastri della contemporaneità, la laicità, e dimostra che la democrazia può funzionare solo se l’uomo è religiosamente ancorato al bene. La democrazia può attuarsi solo se è un contratto fra fratelli, cioè fra uomini con lo stesso Padre e gli stessi valori, altrimenti non funziona: diventa un involucro che protegge, con la sua retorica, l’arbitrio.

Per il cristiano libertà vuol dire «fare la volontà di Dio», non «fa’ ciò che vuoi!». «Amore per il prossimo» significa amare i peccatori, fra i quali io sono il primo; non significa approvare il peccato. È un comandamento dell’amore rendere attento il prossimo sui rischi spirituali, psicologici e sociali legati a un comportamento peccaminoso. Chiamare ciò discriminazione è una mossa ideologica, che nel frattempo è diventata legge per neutralizzare i critici. Nel cristianesimo, l’aborto, la sodomia e l’adulterio sono peccati. Un cristiano non può e non deve tollerare lezioni di educazione sessuale, di inclusione, di affettività o di qualche altra baggianata dove si insegni che queste situazioni non sono peccato. Motivo per cui una vera scuola di un paese veramente democratico non affronta mai questi temi. Uno Stato che obbliga i cristiani a pagare con le loro tasse lo sterminio dei futuri cittadini smembrati nel corpo dello loro madri (il loro utero se lo gestiscono loro, ma non con i soldi loro) è una dittatura.

I cristiani, scegliendo di condurre un’esistenza di fede clandestina, lanciano il messaggio: la religione non ha niente a che vedere con lo spazio pubblico, ma è una questione privata. Nel Vangelo è scritto il contrario: una fiaccola non può essere nascosta sotto il moggio.

Il cristianesimo è una religione che nasce e vive sul sangue dei martiri, cioè sul coraggio, il coraggio totale che solo la fede in Dio può dare.


Di Silvana de Mari (da: La Verità, 9/08/2021)

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