Takeo Yoshikawa: il pittore-spia che rese possibile l’attacco giapponese a Pearl Harbor

Il presente scritto, tratto da “7 anni di guerra” (23 maggio 1965), mostra come l’attacco a Pearl Harbor fu il frutto di studi accurati da parte di un solitario pittore giapponese presente proprio alle Hawaii, in contatto con i servizi segreti nipponici; una vicenda al limite dell’immaginabile, che mostra un lato dello spionaggio ancora inedito e sconosciuto ai più. Buona lettura!

La più grande e più riuscita azione di sorpresa della Seconda guerra mondiale, cioè l’attacco giapponese a Pearl Harbor, non avrebbe mai potuto aver luogo senza la collaborazione di una spia, Takeo Yoshikawa.

Sul finire del 1936, un ex ufficiale della Marina Imperiale nipponica venne richiamato in servizio per un normale periodo di addestramento; il capitano Yoshikawa all’epoca aveva trentacinque anni e si era creato una carriera come apprezzato pittore di paesaggi.

Giunto al quartier generale di Tokyo, venne indirizzato verso un ufficio in fondo ad un corridoio del terzo piano, ed ogni ufficiale di Marina sapeva cosa si celava dietro quella porta. Ne uscì tre ore dopo e, dopo aver indossato abiti civili, si imbarcò su una nave di linea diretta alle Hawaii.

Ufficialmente era stato destinato al Consolato nipponico in quella regione, ma dedicava ogni momento libero ad esplorare i dintorni della grande base navale americana, ospitata a Pearl Harbor.

Ogni giorno realizzava inoltre numerosi quadri delle località visitate. Le opere meglio riuscite le vendeva, mentre teneva per sé quelle che a suo giudizio erano meno riuscite e che rappresentavano un “verismo” molto vicino alla fotografia. Nelle sue opere, inoltre, non venivano mai ritratte persone, e nemmeno le grandi navi americane, che, spiegava il pittore, interrompevano la meraviglia naturale di quei luoghi.

Ogni settimana inviava un certo numero di opere ad una rinomata Casa d’Arte di Tokyo. In breve tempo, i servizi segreti giapponesi e l’Alto Comando della flotta imperiale poterono quindi disporre di una panoramica completa e dettagliata della base navale americana e dei dintorni.

Per cinque anni, Yoshikawa ha aggiornato ogni settimana i rilievi sulla situazione della base navale, ha effettuato studi sul meteo, sulla visuale e sulla posizione del sole in certe ore. Si è impresso nella mente la sagoma delle navi americane, il loro nome, il loro armamento e i loro effettivi.

Ad ogni cambio di comandante, in compagnia del console giapponese si è recato a bordo della nave ammiraglia per le dovute visite di cortesia. Verso i primi di novembre del 1941, ricevette da Tokyo l’ordine di stilare un piano di attacco dettagliato basato sulle sue osservazioni e conoscenze del luogo.

Yoshikawa indicò che l’ora migliore, in quella stagione, era tra le 7 e le 8 del mattino; l’attacco doveva avvenire dal cielo, attraverso un vallone tra le montagne e dal mare, con sommergibili appostati all’uscita del porto in punti già designati.

Non restava che attendere che un numero consistente di navi si raggruppassero nella rada di Pearl Harbor.

L’occasione si presentò il 6 dicembre 1941, quando gli americani decisero di spostare parte della loro flotta, anche in ragione di una deriva negativa nelle trattative diplomatiche con il Giappone.

Il giorno dopo, il piano d’attacco di Yoshikawa scattò nei tempi da lui previsti, ma l’ufficiale non ebbe modo di vedere l’azione, in quanto si era allontanato da Pearl Harbor la notte prima a bordo di un pescareccio giapponese.


Di Anonimo

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