Per dovere d’onestà. Intervista esclusiva a Joe Fallisi
Di professione tenore, ma intellettuale per vocazione, Joe Fallisi è senza dubbio una delle figure legate all’antisionismo e alla polemica antigiudaica più affascinanti d’Italia, le cui parole – come proiettili incandescenti – perforano la carne caduca della political correctness, mostrando la realtà così com’é, senza filtri o falsi moralismi di matrice liberale. La presente intervista, dunque, nasce dal desiderio di dare voce a chi, come Fallisi, non ha paura di dire le cose come stanno, anche a costo di rimetterci la faccia o suscitare sgomento fra i radical chic o i seguaci di Süss. Ed ecco qui il suo merito: aver fatto della coerenza e dell’onestà intellettuale la propria alabarda e del coraggio la virtù, in un mondo di tenebre e dissolutezza politica in cui è facile perdersi. Buona lettura!
– Innanzitutto, grazie per aver accettato questa intervista. Come è noto, lei fu un testimone diretto dell’attacco israeliano alla Freedom Flottilla del 31 maggio 2010, nel quale morirono nove attivisti, rimanendone feriti sessanta. Che ricordi ha di quell’avvenimento?
– Piacere mio di parlare con voi di “Ardire”, che stimo miei compagni di viaggio e di lotta. Subito dopo il ritorno in Italia ebbi modo di raccontare quell’esperienza in una video-intervista che ho poi inserito nel mio canale, finora miracolosamente senza censura, di archive.org. Oggi, a 13 anni di distanza, il ricordo naturalmente non è più così vivo, ma l’alba in cui anche il battello sul quale mi trovavo fu aggredito dai sionisti, che già avevano preso d’assalto con gli elicotteri la grande nave, Mavi Marmara, davanti ai nostri occhi, e stavano procedendo – poi avrei saputo – all’uccisione degli attivisti turchi, non potrò mai dimenticarla. Così come mai dimenticherò il rammarico che non fossimo riusciti a consegnare alla popolazione di Gaza gli aiuti concreti di cui le nostre imbarcazioni erano piene. Oltre ai delitti di quel giorno (una goccia nel mare di sangue sparso dal 1948), i grassatori rubarono tutto, com’è loro natura e consuetudine.
– Sempre nel 2010, durante un’intervista a Radiophonica di Perugia, lei definì – molto coraggiosamente – la “questione palestinese” «il centro, il cuore marcio, il cuore sanguinante dei problemi del Medio Oriente e del mondo». Oggi, a distanza di quasi tredici anni, è cambiato qualcosa?
– No, nulla è cambiato per il popolo palestinese, se non catastroficamente. Vari paesi della “Lega Araba”, che già avevano dato il peggio di sé ai tempi dell’attacco alla Giamahiria, hanno stretto rapporti persino amichevoli coi tiranni kosher, che dopo 75 anni di occupazione – nero record – spadroneggiano sempre più sulla Palestina, sicuri della ferrea impunità che l’internazionale di Shylock (all’Ovest come all’Est) riserva loro nel modo più vile e squallido. Consiglio di consultare un gruppo su Telegram che si chiama, giustamente, “Israel is a War Criminal“. La lista dei martiri palestinesi ormai è infinita.
– Di recente, in Israele si è insediato un governo neo-sionista molto controverso, del quale fanno parte anche partiti ultra-radicali, come il movimento “Potere Ebraico” e il “Partito sionista religioso”. Pensa che tutto ciò possa avere conseguenze negative sui diritti umani del popolo palestinese?
– La piovra giudaica ha mille facce e tentacoli, tende a occupare tutti gli ambiti politici (e mediatici). La si ritrova in alto, in basso, a destra, a sinistra. Ma i “progressisti” di Tel Aviv e dintorni sono solo più ipocriti dei loro apparenti rivali “reazionari”. Del resto, all’appello del sangue “eletto”, vedi sempre l’accolita degli usurai unita e compatta nell’infierire sui palestinesi quasi inermi. “Piombo fuso” ne fu solo uno dei tanti esempi. Sì, oggi al governo dell’entità sionista siedono gli aperti genocidi veterotestamentari-talmudici. Quando saranno a loro volta sostituiti da colleghi “democratici” e “laici”, ben poco cambierà per coloro che si trovano sotto i loro artigli.
– Un tempo, lei parlò della creazione in Palestina di uno «Stato unico», laico e interetnico, formato sia da ebrei che da musulmani. Può essere ancora questa la soluzione definitiva alla “questione palestinese”?
– Gli anni in cui sostenni questa tesi, furono quelli dei miei viaggi e concerti in Palestina, di cui conserverò sempre il ricordo più bello. Scrissi anche una canzone, che presentai proprio al Teatro Shawa di Gaza, “Verrà”, nella quale era formulata la speranza che potessero convivere gli oppressi e gli (ex-)oppressori. Ma anche allora questa prospettiva, la stessa che aveva il mio amico Vittorio Arrigoni, era subordinata alla fine del regime sionista («Sionisti oppressori, tiranni cadran. Verrà la libertà»). Regime che non solo non è caduto, ma è diventato semmai più omicida e con più capacità di agire quasi indisturbato. Solo la Repubblica Araba (laica e socialista nazionale) di Siria è rimasta in modo aperto e fattivo pro-palestinese e, anche formalmente, nemica dell’entità sionista. Che infatti la bombarda quando vuole indisturbata. No, uno Stato unico, una convivenza equa con questi mostri, è impossibile.
– Secondo una recente nota del Governo italiano, l’antisionismo esprime una vera e propria «negazione della legittimità dello Stato di Israele», pertanto antisionismo equivarrebbe ad «antisemitismo». È d’accordo?
– Oggi ricorre la data infausta del 25 aprile. È dalla fine del secondo megamacello che l’Italia è “ItaGlia”, uno Stato senza più nessuna sovranità (né monetaria, né politica, né militare) “a disposizione” delle stesse potenze usurocratiche che vollero, mors tua vita mea, la distruzione della Germania nazionalsocialista e dell’Europa dei popoli. Il coacervo di sanguisughe che da allora reggono (anche) la nostra disgraziata nazione io lo chiamo “Anglogiudamerica“, con GIUDA al centro. Sentendosi sempre più forti – dopo essere riusciti a imporre, quasi senza contrasti, tre anni di “dittatura sanitaria” fanta-pandemica e l’inoculazione di massa delle “acque di fogna” denominate “vaccini anti-Covid” (vedi: Gli avvelenatori di pozzi) per un “virus” mai isolato e purificato da nessun laboratorio del mondo, letteralmente spettrale; e, contro ogni nostro interesse, la partecipazione alla guerra contro la Russia – costoro vogliono cancellare anche gli ultimi residui di libertà di pensiero e d’espressione. Al centro di questo bel progetto c’è ovviamente tutto ciò che attiene alla questione ebraica, oggi mille volte più all’ordine del giorno che ai tempi di Marx, Bakunin, Nilus. Così, chi oggi si permette di criticare il non-Stato israelitico, i suoi crimini infami e la sua Lobby ubiqua, ovvero di proferire l’indicibile (vedi: Ciò che non si può dire), è ipso facto “antisemita”, cioè antigiudaico. In fondo, quel che dicono in questo caso le bocche della menzogna rappresenta, paradossalmente, la verità.
– Nel 2013, rispondendo a qualcuno che gli chiedeva conto della sua «strana metamorfosi da anarchico a nazista», lei rispose che «non si tratta di “diventare” nulla di quel che gli etichettatori vorrebbero, ma di superare l’8-900 con tutte le illusioni ideologiche e gli orrori che corteggiano gli ultimi due secoli». Può spiegarsi meglio?
– “Nazista” è un termine farlocco ideato con intento dispregiativo da un giornalista ebreo, Konrad Heiden. L’apposita contrazione serve a nascondere-cancellare l’aggettivo “socialista”, che non può far parte, si sa, del nome dei terribili “nazi” (vedi: “nazismo“, “nazista“). La mia “metamorfosi” si è svolta in anni di letture, riflessioni, incontri con Uomini liberi, veri “cavalieri dell’ideale”, che mi hanno onorato della loro amicizia (ne cito qui tre: Gianantonio Valli, Alberto Mariantoni, Robert Faurisson). Ed è dovuta al mio bisogno insopprimibile di giustizia e verità e anche a un’attitudine ribelle aliena dal conformismo, la stessa che contribuì alla mia adesione, giovanissimo, all’anarchia. Essendomi reso conto che la narrazione storica su cui poggiavano le mie convinzioni era in grande – essenziale – parte falsa e lacunosa e che a vincere la partita, nel 1945, non erano stati assolutamente i “migliori” o anche solo i “meno peggiori”, come avrei potuto non cambiare punto di vista cominciando, innanzitutto, a ricercare la verità sul nemico sconfitto, su coloro che la propaganda della società dello spettacolo (oggi società degli spettri) dipingeva come il Male assoluto?… Questa scelta di onestà intellettuale, della quale vado orgoglioso, mi è costata la perdita di tanti amici, la solitudine, le calunnie-supposizioni più assurde… Ma non avrei potuto fare altrimenti, seguendo la mia coscienza. Ne ho dato conto in varie conversazioni con Ubaldo Croce, in particolare quelle riunite sotto il titolo “Joe Fallisi: un anarchico molto sui generis” . Riascoltandole, posso solo confermare quel che dissi allora. Tornando, per concludere, alla sua domanda: le etichette non contano effettivamente nulla ed è qualcosa di nuovo ciò a cui dobbiamo tendere con tutte le nostre forze, se vogliamo che l’uomo bianco, l’uomo tout court sopravviva e torni a salire verso l’alto. Il nazionalsocialismo, pur con i suoi errori, è stato il movimento sociale più grandioso che i popoli europei abbiano prodotto nell’epoca contemporanea (vedi: Nazionalsocialisti: mostri o eroi?, La verità sulla morte di Hitler ed Eugenetica ed eutanasia nel Terzo Reich). E il fato concesse solo sette anni di pace in cui poterono esprimersi le sue potenzialità superiori. Nessuno sa quali vette avrebbe potuto raggiungere in un arco di tempo più ampio. Ma fu sconfitto dai nemici del bello, del buono, del vero, dell’umanità, della natura. Irrimediabilmente. Nessun cadavere può essere resuscitato. Tuttavia, il suo lascito è enorme e costituisce una messe di conoscenze e insegnamenti da cui nessuno che abbia a cuore il bene comune può prescindere.
– Attualmente ha in serbo progetti legati al popolo palestinese? Tornerà in Palestina?
– Non so, sinceramente, se mi sarà dato di tornare dai miei fratelli palestinesi. A Gaza ho lasciato una famiglia, gli Abusalama, che sono come la mia propria famiglia e non vedrei l’ora di poterli riabbracciare. Forse presto andrò ancora in Siria, a portare nuovamente la mia solidarietà alla Repubblica e a cantare una nuova canzone che ho dedicato a quest’altro popolo eroico. È una canzone d’amore. Alla fine sono certo che la vita trionferà.
Di Javier André Ziosi
Biggggggggggg!!!! Grandissima intervista
Un grande spirito e una grande mente. Il Camerata Joe Fallisi è un individuo molto ben preparato, che sa quello che sta dicendo.. ancora poche persone sono così coraggiose !
Intervista ben fatta, il discorso fila, ed è molto interessante notare come la natura giudaica sia cosi demoniaca che nemmeno nelle fiabe o nei film si è mai visto un demone tanto grande come Israele !
Un grande uomo, un grande ideologo
Fallisi, un grandissimo personaggio. Stima massima