20 marzo 1969: quando la modernità fu creata a tavolino. Le sconvolgenti rivelazioni del dottor Lawrence Dunegan

Secondo la storiografia ufficiale, i cambiamenti indotti dal sessantottismo rappresentano eventi spontanei e naturali, attraverso i quali la donna ha potuto liberarsi dalle “catene” della famiglia, mentre l’uomo non ha fatto altro che seguire l’onda progressista, adattandosi con entusiasmo ai nuovi cambiamenti. Ma se non fosse andata così? Se fosse stato creato tutto a tavolino?

Nel bel mezzo della “rivoluzione sessuale” propagata dal movimento sessantottista, il 20 marzo 1969, a Pittsburgh (Pennsylvania), la sezione locale dell’American Pediatric Society organizzò una conferenza privata alla quale parteciparono alcuni fra i più importanti pediatri d’America, per un totale di circa ottanta persone. Uno dei principali relatori era il dottor Richard Day, che solo qualche anno prima lavorava come direttore medico alla Planned Parenthood International, una potente ONG con sedi in tutto il mondo oggi legata alla lotta LGBT. Il compito del dottor Day, in sostanza, era quello di spiegare ai partecipanti i vari cambiamenti che sarebbero stati imposti all’Occidente negli anni a seguire, facendo una panoramica generale della nuova modernità che si sarebbe dovuta affermare di lì a poco, in America e in Europa.

Fra i vari pediatri partecipanti, vi era il dottor Lawrence Dunegan, il quale rimase talmente impressionato dalle parole del relatore, che qualche anno dopo, nel 1988, in seguito a numerosi ripensamenti e indecisioni, incise su due nastri tutto ciò che era stato rivelato nell’incontro di Pittsburgh. I nastri – oggi ancora considerati controversi – presero il nome The New Order of the barbarians, passando alla storia come «i nastri che predissero la modernità». Il primo nastro, tuttavia, inizia con le seguenti parole:

«Esiste un potere, una forza, un gruppo di persone, un’organizzazione che lavora per orientare il cambiamento? È stato detto e scritto molto circa i cambiamenti che si sono verificati nella società americana negli ultimi vent’anni. Numerosi studiosi hanno analizzato retrospettivamente la storia recente degli Stati Uniti, giungendo alla conclusione che, in effetti, esista una sorta di cospirazione capace di influenzare – e addirittura creare e dirigere – i grandi eventi storici non solo degli Stati Uniti, ma del mondo intero. Questa mia conclusione si basa sull’osservazione di dati oggettivi e su una raccolta di prove coerenti. Prove raccolte in retrospettiva. […] In questa sede ho intenzione di riferire ciò che udii personalmente presso un convegno a cui presi parte nel 1969. Tra qualche settimana saranno trascorsi vent’anni da quel giorno. In quell’occasione, l’oratore non parlò mai in termini retrospettivi, quanto piuttosto in termini prospettici circa i cambiamenti che presto sarebbero stati “introdotti”. L’oratore non parlò mai dall’esterno verso l’interno, come qualcuno che riferisca di una cospirazione alla quale sia estraneo, ma dall’interno, da parte attiva, dando chiaramente a intendere che in effetti esiste un potere organizzato, una forza, un gruppo di persone capace di influenzare i principali eventi che coinvolgono il mondo. Costui predisse – o meglio annunciò – i cambiamenti pianificati per il resto di questo secolo [XX]. Ascoltando il mio resoconto, cercate di tornare con la memoria a quell’epoca, gli Stati Uniti del 1969; dopodiché confrontate la situazione di allora con quella attuale, a quasi vent’anni di distanza, e verificherete come gran parte di ciò che all’epoca era solo un progetto sia stato via via compiuto in quasi ogni suo aspetto. Alcuni punti oggi restano inattuali, ma sono destinati a concretizzarsi entro la fine del secolo. […] Esiste un calendario. E fu proprio nel corso di quella conferenza, che alcuni elementi di questo calendario mi furono rivelati. Era la fine degli anni ’60. Chi ebbe modo di viverli, ricorderà i giorni della presidenza Kennedy, la mania del cambiamento e del progresso, dei tempi moderni. In ogni caso, l’oratore premise che il suo intento fosse quello di descriverci i cambiamenti che sarebbero stati introdotti nel successivo trentennio; cambiamenti che avrebbero semplificato l’instaurazione di un nuovo sistema a livello globale. Ripeté più volte scherzosamente: “Abbiamo in programma di saltare nel XXI secolo prendendo la rincorsa. Ora tutto è pronto, e nessuno può interferire”. Ammise che, solo fino a pochi anni prima, non gli sarebbe stato possibile esporre ciò che stava per dirci, ma che adesso era libero di parlare, perché adesso – e qui cito testualmente – “nessuno ci può più fermare“. […] Sottolineò come la maggior parte della gente tendesse naturalmente a non comprendere il modo di operare dei governi, e come perfino i membri degli stessi governi – inclusi quelli statunitensi – spesso non avessero per niente chiaro in che sede e da chi fossero prese realmente le decisioni. “I nomi di coloro che prendono le decisioni” – proseguì – avrebbero potuto “risultare familiari” alla gran parte di noi astanti; tuttavia, nella conferenza non vennero mai citati nomi propri di persona o di organizzazioni. Non si trattava di personaggi noti per i loro uffici pubblici, ma per le loro occupazioni e posizioni private. Il suo scopo dichiarato era quello di facilitare l’adattamento di noi astanti ai successivi cambiamenti. “Si tratterà di cambiamenti del tutto sconvolgenti, e per certi versi le persone troveranno difficile accettarli”, disse il dottor Day. Dunque, in sostanza, egli auspicava che noialtri – da bravi colleghi – messi al corrente in anticipo di cosa sarebbe accaduto, ci saremmo resi disponibili per facilitare il processo di adattamento delle tante persone comuni con cui ci relazionavamo ogni giorno. Nelle sue osservazioni introduttive, l’oratore insistette molto sul divieto, per tutti noi, di registrare o prendere appunti su quanto avremmo udito: cosa che francamente nessun professore si sognerebbe mai di dire al proprio uditorio. Tuttavia, man mano che il discorso prese corpo, il motivo di quella strana premessa mi diventò manifesto. Erano argomenti importanti e incredibilmente scabrosi, soprattutto per l’epoca. Intuii la portata di ciò che stavo udendo e mi sforzai di imprimermi quei concetti nella memoria, così da poter prendere appunti in un secondo momento e facilitarne il ricordo in futuro, nel caso in cui avessi deciso di fare ciò che sto facendo ora, cioè incidere questo nastro».

Dopo le suddette premesse, il dottor Dunegan – in maniera del tutto esplicita – riporta i contenuti principali della riunione di Pittsburgh, senza tralasciare alcun particolare. Egli parlò – spiega l’avvocato Paolo Rumor – «dell’introduzione di nuove idee, di nuovi costumi, di nuovi état d’esprit, di progressive trasformazioni sociali, il tutto funzionale a precisi obiettivi che “loro” intendevano perseguire». Uno dei più inquietanti era senza dubbio quello del controllo demografico:

«L’oratore era notoriamente un membro attivo di alcune organizzazioni a supporto delle politiche di controllo della popolazione, e fu proprio il controllo della popolazione il primo tema affrontato dopo quella lunga introduzione. Egli affermò che la popolazione mondiale stesse moltiplicandosi troppo in fretta, e che fosse assolutamente necessario ridurre la quantità media di esseri umani presenti sul pianeta, altrimenti ben presto si sarebbe esaurito lo spazio per vivere; poco cibo e troppi rifiuti. […] La principale manopola sociale da regolare per conseguire un efficace controllo demografico, sarebbe stato il concetto stesso di “sesso“. L’oratore annunciò che presto il sesso sarebbe stato separato dall’attività riproduttiva. “L’attività sessuale”, spiegò, “è troppo piacevole. I suoi stimoli sono troppo potenti per poter pensare di persuadere la gente a rinunciarvi. Immettere sostanze chimiche sterilizzanti negli alimenti e nella fornitura di acqua per ridurre il desiderio sessuale non sarebbe una soluzione pratica”. La strategia allora si sarebbe concentrata non tanto sull’induzione dell’inattività sessuale, ma sull’esatto opposto, su un’iper-sessualizzazione della società, in modo tale che le persone avrebbero smesso di associare l’idea dell’atto sessuale a quella della procreazione. La contraccezione sarebbe stata incoraggiata in ogni modo, e il concetto di contraccezione sarebbe diventato così preminente nell’immaginario comune, che nel momento stesso in cui un individuo avesse pensato al sesso, un riflesso pavloviano gli avrebbe fatto pensare automaticamente alla contraccezione. Innumerevoli metodi di contraccezione sarebbero stati resi universalmente disponibili. I contraccettivi sarebbero stati esposti ovunque, nei luoghi e nei negozi più disparati, perfino nei supermarket, affianco alle sigarette e alle gomme da masticare. L’imbarazzo al riguardo sarebbe stato superato, così che nessuno si fosse più sentito a disagio nell’acquistare o procurarsi un contraccettivo. I contraccettivi sarebbero stati pubblicizzati come una merce qualsiasi, e sarebbero stati distribuiti nelle scuole, dove l’educazione sessuale avrebbe insistito sulla “virtuosità” del loro utilizzo. Mediante l’educazione sessuale, i bambini in età estremamente precoce, non ancora sessualmente attivi, avrebbero ricevuto l’imprinting a proposito della inscindibilità fra sesso e contraccezione… Alla fine, l’associazione pavloviana tra il concetto di sesso e quello di contraccezione avrebbe nuociuto anche all’istituzione del matrimonio. L’oratore aggiunse che molte persone avrebbero comunque continuato a volersi sposare, ma di certo l’idea di matrimonio avrebbe cessato di essere associata all’idea di attività sessuale. Nessuna sorpresa, quindi, che l’argomento successivo trattato nella conferenza fu l’aborto. L’oratore affermò che presto l’aborto non sarebbe più stato un crimine. Sarebbe stato accettato come una pratica del tutto normale, e per i non abbienti sarebbe stato praticato gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale, quindi attraverso le tasse pagate dall’intera collettività. E le tasse avrebbero finanziato anche la capillare distribuzione dei contraccettivi. Nel caso in cui i programmi di educazione sessuale avessero provocato un temporaneo incremento delle gravidanze in età scolastica, non sarebbe stato un problema, anzi, poiché i genitori moralmente o religiosamente contrari all’aborto avrebbero cambiato parere quando le loro figlie fossero rimaste incinte, e ciò in generale avrebbe sfibrato le organizzazioni avverse all’aborto. Nel giro di qualche decennio, solo pochi duri e puri si sarebbero ancora ostinati a considerare l’aborto come una pratica discutibile, ma a quel punto sarebbero stati una minoranza ininfluente».

Il dottor Dunegan prosegue dichiarando che anche l’omosessualità sarebbe stata legittimata e diffusa:

«“Alla gente sarà permesso di essere omosessuale”, spiegò l’oratore. “Gli omosessuali non dovranno più nascondersi. E anche le persone anziane saranno incoraggiate ad avere una vita sessualmente attiva fino a tarda età, insomma il più a lungo possibile. A ognuno sarà concesso di fare sesso e di godere in qualsiasi modo. Andrà bene tutto“. Mi ricordo di essermi chiesto chi diavolo credeva di essere quell’individuo – o coloro i quali in quel momento stava rappresentando – per presumere di avere la facoltà di concedere o negare alle persone la possibilità di fare o meno qualcosa. Eppure fu proprio quello il tono con cui ci parlò. E poi, sempre nell’ambito della sessualizzazione della società, si soffermò persino a parlare di abbigliamento. Gli stili nel vestire sarebbero stati resi più provocanti e sessualmente stimolanti… Ci aveva già annunciato che il concetto di sesso e quello di procreazione sarebbero stati percepiti come cose del tutto separate. Attraverso la tecnologia, si sarebbe giunti alla procreazione senza atto sessuale. Sarebbe stato fatto tutto in laboratorio. Disse che le ricerche in merito fossero già estremamente avanzate».

Durante la conferenza, si parlò inoltre – sempre nell’ambito del controllo demografico – della dissoluzione della famiglia tradizionale. Riporta il dottor Dunegan:

«Le famiglie sarebbero state limitate in termini di dimensioni… Il divorzio sarebbe stato reso più facile e più diffuso. Molte persone si sarebbero sposate più di una volta, e molte avrebbero scelto deliberatamente di non sposarsi. Le persone non sposate sarebbero andate a vivere insieme. Molte donne sarebbero state indotte a lavorare fuori casa, e molti lavoratori sarebbero stati obbligati a trasferirsi in altre città per obblighi contrattuali. Pertanto, sarebbe diventato sempre più difficile mantenere unita una famiglia. Tutto ciò avrebbe minato la stabilità dei rapporti marimoniali e – di conseguenza – avrebbe scoraggiato le persone dall’idea di avere figli… Sempre a tal proposito, l’oratore annunciò che il numero di locali pubblici dove mangiare sarebbe cresciuto esponenzialmente. E che anche questo costume avrebbe contribuito a fiaccare l’istituzione della famiglia. La consuetudine del mangiare fuori avrebbe reso desueta la convivialità famigliare. Le persone si sarebbero rese indipendenti dalle loro cucine domestiche».

Inoltre – spiega il dottor Dunegan – in futuro si sarebbe assistito ad una progressiva mascolinizzazione del genere femminile, la quale – nel tempo – avrebbe estinto ogni differenza fra uomo e donna:

«Parlando di sport, l’oratore si soffermò a descriverci in che modo sarebbe stato modificato l’approccio delle donne alle discipline sportive. Le studentesse sarebbero state indirizzate verso la pratica dell’atletica. I giochi maschili avrebbero preso il posto dei tradizionali giochi femminili, come le bambole. Le bambole sarebbero state rimosse dalla cultura di massa per recidere la connessione mentale fra esse e la riproduzione. Le ragazze avrebbero praticato le stesse attività dei ragazzi. Le differenze fra ragazzi e ragazze si sarebbero assottigliate. Qualsiasi tradizione concernente una differenziazione fra generi sessuali, sarebbe dovuta scomparire. E oggi, a circa vent’anni da quel giorno, sui nostri giornali locali appaiono i risultati della stessa disciplina sportiva, categoria maschile da una parte e femminile dall’altra. Dunque, il fine era quello di modificare radicalmente il modello di vita del genere femminile. Durante lo sviluppo, le ragazze avrebbero dovuto ambire a vincere nello sport, piuttosto che a creare una famiglia e procreare».

Nel campo della cultura di massa, sarebbero dilagati sesso, violenza e intrattenimento:

«In genere, i film sarebbero stati resi più espliciti per quanto riguarda il sesso e il linguaggio scurrile. “Dopotutto, il sesso e le parolacce sono reali. Perché far finta che non lo siano?”, disse l’oratore. I film porno sarebbero stati offerti sia dai cinema che dalle televisioni. Sebbene a quei tempi non esistessero videoregistratori per il largo consumo, si annunciò che nel giro di qualche anno si sarebbero diffuse le videocassette (VHS), mediante le quali la cinematografia pornografica sarebbe entrata in tutte le case. L’oratore disse qualcosa come: “Vedrete nei film gente che farà cose al di fuori dell’immaginazione”. Il che avrebbe finito per diffondere una forte normalizzazione del sesso. Ecco un’altra espressione che l’oratore utilizzò diverse volte: “normalizzazione del sesso”. La violenza sarebbe stata rappresentata in ogni sua forma allo scopo di desensibilizzare le persone. Prima o poi la gente avrebbe interiorizzato quella violenza. L’atteggiamento delle persone verso la morte sarebbe cambiato. Le persone avrebbero smesso di provare paura della morte, avrebbero iniziato ad accettarla e avrebbero smesso di inorridire di fronte alla vista di cadaveri e feriti gravi. Il percorso mentale avrebbe dovuta indurre le persone a felicitarsi di star bene e augurarsi di non fare la stessa fine. Fu qui che iniziai ad intuire che a un certo spunto quel piano avrebbe comportato spargimenti di sangue e vittime umane. Per quanto riguarda la musica, invece, l’oratore fece una considerazione lapidaria: “La musica peggiorerà“. Nel 1969, la musica rock stava iniziando a diventare sgradevole. Il fatto che l’oratore si espressi in termini di “peggioramento”, mi lasciò intuire che ne fosse consapevole. “I testi si riempiranno di riferimenti sessualmente espliciti“, disse l’oratore, “e i balli lenti e la musica romantica saranno considerati reperti d’antiquariato”. Tutta la musica “vintage” sarebbe stata programmata da specifiche emittenti radiofoniche, così da tenere le persone più adulte lontane dalle stazioni rivolte ai giovani, e viceversa. Insomma, generazioni differenti avrebbero dovuto avvicinarsi a specifici canali e stazioni radio rivolte al loro target anagrafico. I giovani avrebbero finito per definire “spazzatura” l’intrattenimento degli anziani, e quest’ultimi avrebbero definito “spazzatura” l’intrattenimento dei giovani. I giovani avrebbero abbracciato la spazzatura, in quanto li avrebbe identificati come generazione “nuova” e avrebbe rimarcato la loro emancipazione dalle generazioni precedenti. All’epoca mi dissi che simili stratagemmi non avrebbero mai potuto far presa, poiché i giovani avrebbero finito per apprezzare la maggiore qualità dei prodotti del passato. Ma mi sbagliai anche su questo punto. Alcuni individui dai venti o trent’anni in su riescono a ripescare e apprezzare i prodotti del passato, ma purtoppo la grande maggioranza si è abituata alla spazzatura, e ne è anche fiera. “La musica”, aveva proseguito l’oratore, “veicolerà continuamente messaggi nell’immaginario dei giovani, ma loro non se ne accorgeranno”. Inizialmente faticai a capire a che tipo di messaggi si riferisse, ma con il senno di poi lo scoprii. L’oratore fece presente di aver menzionato la musica a titolo esemplificativo, in rappresentanza dell’intera industria dell’intrattenimento, la quale – a suo dire – era nient’altro che uno strumento politico per indirizzare i giovani. L’intrattenimento avrebbe avuto minore efficacia sulle persone mature, già arroccate sulle loro posizioni, ma sarebbe stato molto efficace per indirizzare le menti dei giovani e facilitare le divergenze fra generazioni. Sarebbe stato difficile riuscire a cambiare la gente matura, ma – in fin dei conti – il vero scopo dichiarato era cambiare i giovani, non gli anziani. I soggetti più avanti anagraficamente sarebbero scomparsi nel giro di qualche decennio, e a quel punto le classi dirigenti del XXI secolo sarebbero state formate da una generazione di individui “plagiati” in gioventù».

Un’altra tematica trattata durante la conferenza – spiega il dottor Dunegan – fu quella della religione:

«“La religione”, disse l’oratore, “non è necessariamente un male. Un sacco di gente sembra averne bisogno, con i suoi misteri e i suoi rituali. Per cui continueranno ad avere la religione; tuttavia, le maggiori religioni odierne dovranno essere modificate, poiché sono incompatibili con i cambiamenti che saranno introdotti. Le vecchie religioni dovranno cessare, soprattutto il cristianesimo. Quando la Chiesa cattolica romana sarà sospinta verso il basso, il resto della cristianità tenderà a seguirla facilmente. Dopodiché, dovrà essere accettata una nuova religione globale. Questo nuovo culto includerà alcuni elementi da ognuno dei vecchi culti, al fine di facilitarne l’accettazione da parte delle persone. E comunque la gran parte degli individui non sarà più troppo interessata alla religione. Si renderanno conto di non averne bisogno. Per facilitare questo obiettivo, la Bibbia sarà revisionata. Sarà riscritta e adattata alla nuova religione. A poco a poco, le parole chiave saranno sostituite con nuove parole aventi varie sfumature di significato. I significati andranno via via confondendosi, e alla fine una data parola finirà per essere del tutto sostituita da un’altra parola”. Seguì poi una delle affermazioni più sorprendenti di tutta la conferenza. “Alcuni di voi”, disse l’oratore, “ritengono probabilmente che le varie Chiese si opporranno a questo disegno. In realtà, le Chiese ci aiuteranno».

L’istruzione, tuttavia, sarebbe divenuta uno strumento di indottrinamento:

«Il discorso si spostò quindi sull’istruzione. Quando l’oratore aveva accennato alla modificazione delle Sacre Scritture, aveva dichiarato che la stessa sorte sarebbe toccata a molti grandi classici della letteratura. Mi sembra di ricordare che l’oratore prese a esempi gli scritti di Mark Twain. “Il lettore casuale”, disse l’oratore, “leggendo una di quelle opere non avrà nemmeno il sospetto che possa essere stata modificata. Le modifiche saranno così sottili e graduali che nessuno riuscirà a percepirle. Ma alla fine la somma di quelle modifiche renderà più semplice l’accettazione del nuovo paradigma. Oltre alla revisione dei classici, l’oratore disse che alcuni libri sarebbero semplicemente spariti dalle librerie. Libri contenenti nozioni o concetti non adeguati al nuovo sistema».

Inoltre – prosegue il dottor Dunegan – si parlò di «più scuola, e meno conoscenza»:

«L’oratore disse che i bambini avrebbero trascorso molto più tempo nelle scuole, ma che in molte scuole non avrebbero imparato gran che. Avrebbero appreso alcune nozioni, ma non tante quanto in passato. Le scuole migliori sarebbero state prerogativa delle zone migliori e quindi delle persone migliori, i cui figli avrebbero avuto l’opportunità di ricevere un’istruzione migliore. Nelle scuole migliori sarebbe stato introdotto un processo di apprendimento accelerato. E lì, l’oratore si ritrovò a parlare nuovamente di ciò che definiva “accelerazione del processo evolutivo“. Era convinto che, forzando i bambini a imparare più concetti e più in fretta, il loro cervello sarebbe stato incanalato verso una più rapida evoluzione. Come se questo trattamento fosse in grado di alterare la fisiologia del cervello. Nel complesso, la scuola sarebbe diventata più invasiva. Mi sembra che l’oratore disse qualcosa a proposito di un orario scolastico allungato e di una nuova scuola progettata per coprire l’intero anno solare, con le vacanze estive che sarebbero diventate un lontano ricordo non soltanto per gli studenti, ma per qualsiasi categoria umana. Le persone avrebbero iniziato a pensare alle vacanze come come a un periodo usufruibile in qualsiasi periodo dell’anno, non soltanto o prevalentemente d’estate. Alla maggior parte delle persone sarebbe occorso più tempo per completare un qualsiasi iter formativo. Ciò che a quei temi era la laurea, avrebbe richiesto ulteriori gradi più avanzati di formazione. La scuole avrebbe finito per rubare una considerevole quantità di tempo. Le buone scuole sarebbero diventate sempre più competitive. Gli studenti sarebbero stati obbligati a decidere molto precocemente il loro indirizzo formativo, se intenzionati ad avere una qualifica. Sarebbe diventato molto difficile cambiare percorso formativo in corso d’opera. Gli studi avrebbero interessato solo un ristretto numero di competenze, approfondite fino all’eccesso. Nessuno avrebbe avuto accesso alle aree di competenza altrui, se non dietro a precisa autorizzazione. La gente sarebbe stata incredibilmente esperta in un campo ristretto di competenze, e del tutto ignorante circa le nozioni esistenti al di fuori di quelle competenze. Nessuno sarebbe più stato in grado di ottenere una vasta cultura generale, e nessuno sarebbe più stato in grado di interpretare la realtà nella sua completezza. L’oratore insistette sul fatto che le scuole sarebbero diventate sempre più importanti nella vita delle persone. Tutte le attività attualmente vissute dai bambini fuori della scuola, sarebbero state riproposte in ambito scolastico. Alla fine, l’esterno avrebbe offerto poche opportunità. L’istruzione sarebbe stata resa permanente. Anche gli adulti sarebbero stati obbligati obbligati a frequentare delle scuole, con la motivazione di ricevere aggiornamenti di vario genere. Quando una persona non fosse stata più disposta o in grado di frequentare la scuola, sarebbe stata considerata troppo vecchia. E questo aspetto avrebbe costituito uno dei numerosi ostacoli allestiti per demoralizzare le persone anziane. Se sarai troppo stanco per tenere il passo con la tua formazione, o troppo vecchio per imparare nuove nozioni, significherà che sei maturo per cedere il passo alle nuove generazioni».

A questo punto si cominciò a parlare di droga, la quale – spiega il dottor Dunegan – fu presentata dall’oratore come un vero e proprio mezzo di selezione naturale:

«Il consumo di droga sarebbe stato incentivato, così come il consumo dell’alcol. E anche gli sforzi statali contro la droga sarebbero stati incentivati. Inizialmente mi parve un controsenso: perché incentivare l’abuso di droga e, nello stesso tempo, inasprire le leggi contro la droga? Ebbene, a quanto pare l’idea era quella di allestire una sorta di “giungla moderna“, attraverso una serie di reti entro cui far cadere i più deboli e gli inadatti, al fine di eliminarli dalla società. “Un tempo esisteva la legge della giungla e grazie ad essa solo i più forti e intelligenti sopravvivevano, fortificando la specie”, disse l’oratore. “Oggi, invece, siamo diventati così civilizzati da consentire la sopravvivenza anche agli inadatti, spesso a spese dei più adatti”. La diffusione delle droghe e dell’alcolismo avrebbe provveduto automaticamente a ripristinare – in un certo senso – la legge del più forte e la selezione del più adatto alla sopravvivenza».

Altri temi importanti affrontati durante la conferenza – dichiara il dottor Dunegan nel secondo nastro – furono quelli dell’economia, della finanza e della moneta:

«L’oratore accennò che sarebbero stati riformati anche il diritto fallimentare e le leggi sull’antitrust. Il regime di concorrenzialità sarebbe aumentato e, con esso, sarebbe aumentata la simulazione della concorrenza all’interno di circostanze controllate. Nessuna reale concorrenza, ma una sorta di cartello formato dai membri di un club d’élite. Nessuno al di fuori di quel club sarebbe stato in grado di competere. L’industria americana sarebbe stata destrutturata in ossequio al principio dell’interdipendenza globale che avrebbe caratterizzato il nuovo paradigma. L’interdipendenza voleva voleva dire che il mondo sarebbe stato suddiviso in macro-regioni alle quali sarebbe stati assegnati specifici ruoli esclusivi. L’insieme delle mansioni di competenza di ciascuna macro-regione avrebbe costituito un sistema globale unificato. I paesi tendenti all’autarchia sarebbero stati destrutturati. Ricordo che a tal riguardo l’oratore ripeté più volte il concetto secondo cui per creare una nuova struttura occorra prima smantellare quella vigente. Il nostro sistema economico sarebbe stato zavorrato per consentire ad altri paesi di mettersi al passo dal punto di vista economico e industriale. Tutto ciò si è rivelato particolarmente vero, dato che le nostre industrie sono in continuo declino, mentre le industrie di altri paesi – ad esempio quelle del Giappone – sono in ascesa e invadono i mercati esteri. l patriottismo di acquistare prevalentemente americano avrebbe ceduto il passo alla convenienza derivante dalla qualità e praticità superiori dei beni importati dal Giappone, dalla Germania e da altri paesi. E addio patriottismo. Ad un certo punto l’oratore disse che molti prodotti sarebbero stati deliberatamente progettati per essere difettosi e inaffidabili (obsolescenza programmata) allo scopo di suscitare esterofilia in campo commerciale. Lo smantellamento industriale avrebbe inoltre contribuito ad alimentare il senso di incertezza e precarietà. La macro-regione in cui sarebbero ricaduti gli Stati Uniti avrebbe conservato l’eccellenza nel campo dell’informatica, delle comunicazioni, dell’alta tecnologia, dell’istruzione e dell’agricoltura. Gli Stati Uniti avrebbero continuato a costituire una sorta di chiave di volta del nuovo sistema globale. Ma l’industria pesante (metallurgica, automobilistica, meccanica) sarebbe diventata prerogativa di altre aree. L’oratore considerò che nel nostro paese l’industria pesante avesse arrecato già abbastanza danni ambientali, e che la sua dismissione non ci avrebbe fatto che del bene. Questo concetto (fine dichiarato) avrebbe indotto gli americani ad accettare come una cosa positiva lo smantellamento dell’industria pesante sul territorio americano (fine reale)… Verso la fine della conferenza, l’oratore parlò di economia e di banche. “L’inflazione è infinita”, disse. “Puoi mettere un sacco di zeri dopo ogni numero e i punti decimali dove ti pare, tanto fa lo stesso”. Fu un po’ come dire che anche l’inflazione fosse uno strumento usato dai “controllori”. Il denaro sarebbe diventato a debito, prevalentemente. In effetti, a quei tempi, già lo era… Il denaro è in primo luogo un debito. Presto lo scambio di denaro sarebbe avvenuto non più attraverso moneta fisica, ma attraverso un sistema di crediti elettronici. La gente avrebbe disposto solo della quantità di denaro fisico utile a comprare le caramelle al bar. Ogni acquisto significativo sarebbe stato effettuato elettronicamente; gli stipendi sarebbero stati accreditati elettronicamente, e i guadagni sarebbero figurati su un conto elettronico. Sarebbe nato un sistema bancario unificato, ma la gente sarebbe stata indotta a credere di avere a che fare con molti gruppi bancari. Sarebbero stati tenuti registri informatici con la schedatura di ogni acquisto da parte di ogni cittadino. Qualsiasi bene acquistato sarebbe stato contrassegnato da una sorta di codice identificativo unico, così che restasse tracciabile in caso di passaggio di mano. I computer avrebbero consentito un simile sistema. Inoltre, le opportunità di mettere da parte dei risparmi sarebbero diventate irrisorie. La gente sarebbe stata condotta al punto di non poter più risparmiare un centesimo. La ricchezza è potere, ed è considerata un rischio da chi è al comando. I risparmi accumulati sarebbero stati erosi mediante tassazione. L’idea di fondo era quella impedire alle persone di accumulare risorse che a lungo termine avessero potuto trasformarsi in problemi amministrativi per il sistema. Le persone sarebbero state incoraggiate a indebitarsi anche per beni di necessità secondaria attraverso il credito al consumo, ed eventuali insolvenze sarebbero state sfruttate per attaccare i patrimoni. Anche qui viene fuori la questione della “legge della giungla“. Chi fosse stato troppo stupido per amministrare il proprio patrimonio con oculatezza, sarebbe stato risucchiato in un vortice verso la bancarotta, con l’avallo delle autorità. I pagamenti elettronici inizialmente si sarebbero basati su piattaforme differenti. Le carte di credito erano già in uso nel 1969 in una certa misura. Ma non tanto quanto adesso. Le nuove carte di credito sarebbero state leggibili elettronicamente, e una volta che la gente si fosse assuefatta al loro uso, sarebbe stata indotta ad apprezzare i vantaggi di una piattaforma di credito unificata, basata su un unico sistema valutario».

Inoltre – continua il dottor Dunegan – durante la conferenza si parlò di precarietà, dell’aumento dell’immigrazione, del tramonto delle identità nazionali e dell’avvento del cosmopolitismo:

«L’oratore ci parlò poi delle molte persone che avrebbero perduto il posto di lavoro a seguito della ristrutturazione industriale, e delle conseguenti opportunità di ricollocamento. In particolare, disse che sarebbero stati incoraggiati i flussi migratori. Molte persone, per sopravvivere, sarebbero state costrette ad abbandonare le loro radici – ed è risaputo che le tradizioni siano più facili da soffocare in località popolate da molti immigrati, piuttosto che in nazioni popolate per lo più da gente del posto, radicata da generazioni ad una serie di tradizioni. Stesso discorso sarebbe valso dal punto di vista individuale. Sarebbe stato più agevole ottenere l’adeguamento di un individuo trapiantato in un paese sconosciuto, e dunque già traumatizzato dal cambiamento, piuttosto che di un individuo fortificato dalle proprie radici e tradizioni. Ricapitolando, il fine reale era l’instaurazione di una interdipendenza globale e la soppressione del sentimento di identità nazionale. Ogni macro-regione sarebbe stata strettamente interconnessa a tutte le altre. Saremmo diventati tutti “cittadini del mondo“, piuttosto che cittadini di un singolo paeso».

Le trasformazioni in campo economico – spiega il dottor Dunegan – avrebbero portato al controllo degli approvvigionamenti alimentari:

«Il fine reale celato dietro il controllo dell’alimentazione era quello di criminalizzare chiunque non avesse aderito al nuovo paradigma, e avesse nutrito velleità autarchiche, anche solo attraverso l’auto-produzione alimentare. Il fine dichiarato, invece, avrebbe affermato che la produzione alimentare attuata in assenza degli standard garantiti dalle multinazionali fosse potenzialmente dannosa per la salute pubblica: la solita idea accettabile (la tutela del consumatore) strumentalizzata per perseguire obiettivi inaccettabili».

Inoltre, si parlò della fine delle sovranità nazionali, di terrorismo e di ricatti psicologici:

«Presto si sarebbe giunti alla creazione di un nuovo Corpo Direttivo Internazionale, probabilmente sotto forma di evoluzione delle Nazioni Unite. All’epoca, l’ONU non godeva del consenso popolare che ci si attendeva, ma in futuro si sarebbero profusi molti sforzi per accrescere l’importanza delle Nazioni Unite. La gente avrebbe dovuto imparare a convivere con l’idea di rinunciare a parte della propria sovranità nazionale. La ristrutturazione industriale globale in funzione dell’interdipendenza avrebbe favorito la pace tra gli Stati. “La guerra è obsoleta“, disse l’oratore. Ricorse proprio a quella parola: “obsoleta”. Penso che questo dettaglio sia interessante, in quanto “obsoleto” significa letteralmente “non più utile come un tempo; superato da qualcosa di più efficace”. La guerra era diventata obsoleta, poiché le nuove bombe nucleari potevano facilmente sfuggire di mano o cadere in “mani sbagliate”. In ogni caso, il nuovo sistema sarebbe stato certamente instaurato grazie a un processo di cooperazione pacifica, oppure, per estrema ratio, attraverso la minaccia di una guerra nucleare. La gente sarebbe stata talmente terrorizzata che alla fine si sarebbe persuasa che la cessione della sovranità nazionale fosse la strada migliore per evitare una catastrofe mondiale. Poi l’oratore disse una frase che ancora oggi ricordo parola per parola: “Se non vi fosse stata un’opposizione da parte di alcuni poteri, sarebbero già state usate una o due bombe nucleari per ammorbidire la gente riguardo la cessione delle sovranità nazionali, giusto per dimostrare a tutti la serietà del problema. Così facendo, la gente avrebbe finalmente compreso in che misura la pace sia preferibile alla guerra”. L’oratore toccò anche il tema del terrorismo. In Europa si sarebbe fatto abbondante ricorso al terrorismo, così come in altre parti del mondo. All’epoca non era previsto il ricorso al terrorismo negli Stati Uniti, ma quella direttrice sarebbe potuta cambiare in caso di diffusa resistenza nei confronti del nuovo sistema. Le sue parole lasciavano quindi intendere che, al bisogno, si sarebbe fatto terrorismo sul territorio americano. A suo modo di vedere il senso di benessere e serenità degli Stati Uniti non era il clima ideale per l’introduzione del cambiamento, e un po’ di terrorismo avrebbe accelerato il processo di accettazione del nuovo sistema da parte dei cittadini americani».

Fra gli ultimi argomenti esposti dall’oratore – spiega il dottor Dunegan – vi fu la sorveglianza e gli impianti sottocutanei:

«Chiunque sarebbe stato identificabile in tempo reale. In un primo momento, la cosa sarebbe stata implementata mediante una tessera d’identità da portare sempre con sé per essere prontamente esibita dietro richiesta dell’autorità. Tuttavia, già all’epoca era prevista la diffusione di un dispositivo d’identificazione elettronico impiantabile sotto la pelle. Dopo l’implementazione della carta di credito unica, sarebbe stato il momento di sostituire la scheda con un chip sottocutaneo. Una carta può essere smarrita o sottratta, e ciò può dare luogo a spiacevoli inconvenienti amministrativi. L’impianto avrebbe reso il dispositivo di memorizzazione dei crediti intrasferibile e inconfondibile, e ognuno sarebbe stato identificato senza margine di errore… L’oratore disse anche che gli impianti avrebbero inaugurato un’era di maggior sorveglianza, attraverso la ricezione e la trasmissione di segnali radio – utile per tener traccia dei fuggitivi o eventualmente di altri cittadini sottoposti ad un regime di stretta sorveglianza. Ricordo che l’oratore disse qualcosa a proposito della televisione: “Mentre voi guarderete la televisione, qualcuno guarderà voi da una stazione di monitoraggio centrale”. Si sarebbe potuto monitorare il tipo di programmi televisivi fruiti da ogni utente, valutarne le reazioni, tracciarne un profilo».

Non aggiungiamo nessun commento o conclusione alle parole del dottor Dunegan, certi che il lettore, da sé, saprà riconoscere quanto di attuale vi sia in tali parole, pronunciate oltre cinquant’anni fa dal famigerato dottor Day; le idee esposte alla riunione di Pittsburgh, nel tempo, sono divenute realtà, trasformando radicalmente la nostra cultura in un groviglio senza nome – anti-identitario, progressista e cosmopolita – in cui non vi è più spazio per chi – come noi – non si allinea al nuovo paradigma dominante. Ab uno disce omnis.


Di Isora Dumini

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