Lukashenko: «Il mondo intero si inchina dinanzi agli ebrei a causa dell’Olocausto»

Sabato 3 luglio, in occasione dell’anniversario del giorno dell’indipendenza della Bielorussia, il presidente Alexander Lukashenko ha affermato che «il mondo intero si inchina dinanzi agli ebrei a causa dell’Olocausto».

Secondo il presidente, infatti, «gli ebrei sono stati capaci di dimostrare al mondo che hanno subito l’Olocausto, e il mondo intero si inchina dinanzi a loro, avendo paura di dire loro una parola sbagliata».

Inoltre, Lakashenko ha ribadito che ci dovrebbe essere «un maggiore riconoscimento del ruolo che i bielorussi hanno avuto nel combattere i nazisti a fianco delle forze sovietiche», auspicando «più lavoro per garantire che le persone ricordino la parte della Bielorussia nella Seconda guerra mondiale», in quanto anche il popolo bielorusso avrebbe subito un «Olocausto».

«Siamo così tolleranti, così bravi», ha asserito il presidente, «non volevamo offendere nessuno e così siamo arrivati ​​ad essere insultati».

Ma non tutti hanno preso bene le asserzioni di Lukashenko.

Già autore – secondo la stampa mainstream – di numerosi «commenti antisemiti», il presidente bielorusso ha infatti ricevuto numerose critiche.

Franak Viačorka, ad esempio, attivista e consulente dell’U.S. Agency for Global Media (agenzia di notizie e informazioni americana), nonché consigliere di Sviatlana Tsikhanouskayaha, ha dichiarato che Lukashenko, oltre a dire «bugie patologiche», sta mostrando «inciviltà» e, soprattutto, «antisemitismo».

«Quest’uomo», dichiara infatti Viačorka, «sta cercando di coltivare in Bielorussia tutto il male contro cui il mondo sta combattendo nel XXI secolo [ossia l’antisemitismo]».

Ma è davvero così? Si tratta di antisemitismo oppure di legittime opinione personali?

Potrebbe apparire strano, ma, durante i festeggiamenti dell’anniversario dell’indipendenza, Lukashenko – da sempre osteggiato dai capi di Stato occidentali, che lo considerano uno spietato dittatore – ha ricevuto le congratulazioni dal presidente israeliano Reuven Rivlin, il quale, in una lettera, ha rammentato la «lunga storia condivisa» tra la Bielorussia e Israele.

«La comunità degli ex cittadini bielorussi in Israele funge da ponte umano che rafforza le relazioni tra i nostri paesi», ha scritto Rivlin. «Ancora una volta, permettetemi di inviare i nostri saluti a tutto il popolo della Bielorussia in questa occasione propizia e di augurarvi buona salute e successo nel superare le sfide sanitarie ed economiche dell’ultimo anno».

Ovviamente, anche il presidente israeliano, per questo suo gesto di “correttezza diplomatica“, ha ricevuto delle critiche, alle quali ha dovuto rispondere che «la lettera [con le congratulazioni a Lukashenko] è stata inviata in conformità con il protocollo del Ministero degli Esteri per la giornata nazionale di qualsiasi paese con cui Israele ha relazioni diplomatiche».

Ma non solo Rivlin si è congratulato con il presidente bielorusso. Altri messaggi (alcuni dei quali del tutto inaspettati) sono arrivati dal Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, da Papa Francesco e dai leader politici di Russia, Cina, Serbia, Turchia, Iran, Cuba, Siria, Arabia Saudita, Algeria, Nicaragua e Palestina.

Un passo diplomatico importante per Lukashenko, che – nel giorno dell’anniversario dell’indipendenza – non ha dimenticato di ricordare al mondo che la Bielorussa è «una nazione tollerante», la quale ha ricevuto solo sputi «in faccia».


Di Samuel Mandel

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