Il “piano Balan” e le origini della guerra in Ucraina. Come Putin ha salvato il Donbass e forse anche la Russia intera

Un’inchiesta sconvolgente – senza censure o stupidi pregiudizi culturali – sulle vere origini della guerra in Ucraina, cominciata nel febbraio 2022 dagli stessi che oggi si fanno passare per vittime…

Sono ormai trascorsi più di due anni dall’inizio dei combattimenti in Ucraina, e le vere cause della guerra non sono ancora state chiarite del tutto. Le fonti a nostra disposizione – forse a causa della dilagante propaganda che, da Oriente a Occidente, impedisce una corretta interpretazione dei fatti – si rivelano spesso confusionarie e controverse, generando nel tempo più domande che risposte. Diversi intellettuali ed esperti di geopolitica (come il professor Andrea Zhok e il diplomatico Francesco Bascone), riferendosi all’operazione militare speciale della Russia in Ucraina, hanno fin da subito parlato di una «guerra preventiva», ossia di una “guerra d’anticipo“, senza però essere presi troppo sul serio. Ma fu davvero così?

Per comprendere le origini della guerra in Ucraina e dimostrare, con oggettività storica, la tesi di Zhok e Bascone, è necessario fare qualche passo indietro e analizzare, con documenti alla mano, la situazione pre-bellica concernente l’Ucraina e la Russia, in particolar modo le settimane prima del fatidico 24 febbraio 2022, giorno dell’inizio del conflitto. Nel farlo, utilizzeremo fonti rimaste fino ad oggi nell’ombra (come i documenti top-secret dalla NATO trafugati da Yvan Blot e poi passati al giornalista russo Aleksandr Artamonov), nonché informazioni occultate dai media occidentali solo perché scomode rispetto alla narrativa dominante a stelle e strisce (come il “piano Balan“, segnalato più volte, seppur inutilmente, dall’agenzia Tass). Nell’insieme, proporremo notizie e informazioni praticamente inedite in lingua italiana, la cui importanza storica – come vedremo nel seguente articolo – non è discutibile.

Ma andiamo con ordine, e partiamo dal principio, lasciando spazio alle cosiddette fonti…


Fonti riservate

Nel 2018, quando in Ucraina governava ancora Petro Porošenko (uno dei principali sostenitori, soprattutto economici, della protesta di Euromaidan), la spia francese Yvan Blot (politico e ideologo filo-russo) inviò una email al giornalista russo Aleksandr Artamonov contenente alcune «fonti riservate», che dovevano essere rese pubbliche «solo dopo la sua morte». Blot morì pochi mesi dopo, all’età di settant’anni, e i documenti divennero di pubblico dominio, anche se con qualche anno di ritardo. Artamonov, infatti, pubblicò tutto sulla Pravda soltanto quattro anni dopo, portando così alla luce alcuni imbarazzanti verbali della NATO in lingua tedesca concernenti un «piano» (definito «Barbarossa 2») per creare, nei prossimi cinque/dieci anni, «focolai permanenti e tensioni ai confini con la Russia, organizzare [in Ucraina] provocazioni contro la popolazione locale di lingua russa e prepararsi apertamente per una guerra contro la Russia».

Artamonov si rese subito «conto che la NATO stava pianificando il suo attacco alla Russia attraverso l’Ucraina, e non direttamente». A conferma di ciò, da gennaio 2022 – spiega la Tass – «gli Stati occidentali hanno iniziato ad aumentare l’assistenza militare a Kiev, che includeva forniture di armi letali». In particolare, «gli Stati Uniti hanno consegnato all’Ucraina diverse centinaia di tonnellate di armi, tra cui i sistemi missilistici portatili anti-tank Javelin. Kiev ha anche ricevuto sistemi anti-tank NLAW dal Regno Unito, Bayrakatr TB2 [veicoli aerei da combattimento senza equipaggio] dalla Turchia, sistemi di difesa aerea portatile Stinger dalla Lituania e dai Paesi Bassi ed elicotteri Airbus H125 dalla Francia». Inoltre, «le autorità ucraine hanno ricevuto assistenza militare dalla Polonia, dall’Estonia, dalla Svezia, dal Canada e da altri paesi, tra cui la Germania».


Escalation in Donbass

In seguito a tali forniture – prosegue la Tass – la situazione bellica in Donbass ha subito una forte escalation, che si è protratta fino alla seconda metà di febbraio, quando, a causa delle crescenti «azioni di combattimento» da parte delle forze ucraine, «i capi delle Repubbliche di Doneck e di Lugansk, Leonid Pasechnik e Denis Pushilin, hanno annunciato l’evacuazione dei cittadini in Russia». Inoltre – ammette la Tass – «Pushilin ha dichiarato che, secondo lui, il presidente ucraino Vladimir Zelensky avrebbe presto ordinato ai militari [ucraini] di attuare un piano per invadere i territori delle Repubbliche popolari di Doneck e di Lugansk. Con questo in mente, le Repubbliche del popolo hanno dichiarato la mobilitazione generale». Era il 18 febbraio.

Il giorno dopo, nel bel mezzo dell’escalation in Donbass, una spia presso la Commissione per la difesa e la sicurezza dell’Unione Europea dichiarò ad Aleksandr Artamonov che gli uomini della NATO potevano presto «organizzare la consegna di una testata nucleare statunitense dalla Germania all’Ucraina». La fonte – spiega Artamonov – «suggerisce che la testata» sarebbe potuta in seguito «finire a Kharkiv, dove, su richiesta isterica del governo ucraino», gli Stati Uniti avrebbero probabilmente schierato «le batterie di difesa antimissile THAAD».

Richiesta d’intervento

Il 21 febbraio – dichiara la Tass – i capi delle Repubbliche popolari, Pushilin e Pasechinik, esasperati dall’inasprirsi del conflitto, «hanno chiesto al presidente russo di riconoscere l’indipendenza delle Repubbliche popolari». Il giorno dopo, Putin riconobbe la sovranità di Doneck e di Lugansk, esortando «le autorità ucraine a fermare immediatamente le operazioni di combattimento in Donbass, sottolineando che altrimenti Kiev sarebbe responsabile di qualsiasi futuro spargimento di sangue». Ma l’escalation non si arresta: in pochi giorni – rammenta la Tass – l’Ucraina «ha bombardato Doneck più di centosette volte, usando armi pesanti». Di conseguenza, il 23 febbraio, dopo massicci attacchi da parte delle forze ucraine, i capi delle Repubbliche popolari «hanno chiesto alla Russia di contribuire a respingere l’aggressione dell’Ucraina» e, alle 6 del giorno dopo, «Putin ha annunciato il lancio di un’operazione militare speciale in Ucraina in risposta alla richiesta dei leader delle Repubbliche del Donbass», aggiungendo che la Russia «non poteva permettere a Kiev di ottenere armi nucleari». Era iniziata la guerra.


Piano Balan

Dopo qualche giorno dall’inizio dell’operazione speciale, il 9 marzo, le forze armate russe vennero in possesso di alcuni documenti ucraini top-secret (poi resi pubblici), che confermarono subito le parole di Pushilin quando, il 18 febbraio, aveva dichiarato al mondo che «Vladimir Zelensky avrebbe presto ordinato ai militari [ucraini] di attuare un piano per invadere i territori delle Repubbliche popolari di Doneck e di Lugansk».

Pushilin aveva ragione: il “piano” esisteva davvero e – con ogni probabilità – rappresentava un sotto-progetto del piano “Barbarossa 2” della NATO citato nelle email di Yvan Blot. I documenti ritrovati dai russi – spiega la Tass – contenevano infatti «un piano dettagliato per preparare un gruppo d’assalto per eseguire un’offensiva nell’area del Donbass, denominata “Operazione delle Forze Congiunte”». Nel dettaglio, i documenti – approvati il 22 gennaio dal generale Nikolay Balan, capo della Guardia Nazionale Ucraina, nonché responsabile della sparatoria del Dnipro del 27 gennaio (la quale gli costò il posto di lavoro) – erano indirizzati a costituire «un gruppo tattico di battaglione della 4ª Brigata Operativa della Guardia Nazionale» e assicurare «la fornitura dei rifornimenti necessari». Il battaglione sarebbe stato subordinato all’80ª Brigata d’assalto aviotrasportata, «addestrata da istruttori statunitensi e britannici a Leopoli in conformità con i programmi d’addestramento della NATO».

L’offensiva vera e propria, stando ai documenti del generale Balan, doveva partire a marzo, anche se – spiega Fanpage – «il piano ordinava alle truppe ucraine della “Joint Forces Operation” la mobilitazione entro il 28 febbraio». Pertanto – spiega il generale Igor Konashenkov, portavoce del Ministero della Difesa russo – «l’operazione militare speciale delle forze armate russe, avviata il 24 febbraio, ha anticipato e contrastato l’offensiva dei gruppi d’attacco delle truppe ucraine» (proprio ciò che hanno dichiarato fin dall’inizio – non senza coraggio – gli intellettuali Zhok e Bascone).

Fosse comuni

Ma non è tutto. Un altro importante fattore, rimasto inedito in Italia, che ha contribuito alla risposta bellica russa contro il piano ucraino d’invasione del Donbass, è stato sicuramente il ritrovamento, l’11 febbraio, di «centotrenta fosse comuni» nella Repubblica popolare di Doneck – ha spiegato la Tass. Si tratta in sostanza di centinaia di persone uccise durante l’offensiva ucraina di qualche anno prima, di età compresa «tra i 30 e i 60 anni», anche se – ammette Pushilin – «tra i corpi che sono stati recuperati c’erano anche anziani, donne e bambini» e tutti, al momento della morte, «indossavano abiti civili»; dunque – conclude Pushilin – «stiamo parlando di civili», e non di combattenti.


Conclusione ragionata

Giunti alla conclusione, possiamo finalmente affermare – con documenti alla mano – che le tesi degli intellettuali Zhok e Bascone sulla “guerra d’anticipo” in Ucraina non rappresentano semplici teorie o speculazioni ideologiche di fanatici filorussi, ma – al contrario – configurano una vera e propria realtà storica purtroppo ignorata, se non addirittura censurata, dai media mainstream di quasi tutto l’Occidente. Dunque – per dirla con Zhok e Bascone – Vladimir Putin – benché diffamato da mezzo mondo – non avrebbe soltanto protetto e quindi salvato i territori del Donbass dal piano Balan, ma forse anche i territori della stessa Russia, giacché – con l’operazione speciale in Ucraina – sono state ostacolate – almeno in parte – anche le macchinazioni occulte e anti-russe del piano NATO “Barbarossa 2“, il cui obiettivo – come abbiamo visto – è rappresentato dalla distruzione della Russia.


Di Dmitriy Sokolov

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